News/Approfondimenti > 12 febbraio 2015

Per i laureati il posto fisso è un miraggio

Trentino

Giovani e occupazione Primi lavori sempre più instabili e meno qualificati: solo il 7,5% di chi esce dall'Università è assunto a tempo indeterminato

di Luca Marognoli TRENTO Il posto fisso: quello che ieri era un sogno realizzabile oggi è un miraggio per la stragrande maggioranza dei giovani laureati trentini. Che oltre a doversi rassegnare spesso al precariato, sono sempre più costretti ad accettare occupazioni non corrispondenti al loro livello di istruzione. Fenomeno ancora più evidente se si parla di prima occupazione. L'esito di una originale ricerca focalizzata sugli under 34 sono stati al centro del seminario dal titolo "I primi lavori dei giovani a Trento: sempre più instabili e meno qualificati?", organizzato da Tsm lares ieri nell'aula magna di Trentino School of Management, in via Giusti. Principale relatore Emilio Reyneri, docente dell'Università di Milano Bicocca e autore del libro "Dieci domande su un mercato del lavoro in crisi", al quale è stato chiesto di approfondire in ambito trentino la stessa materia sondata su scala nazionale. «Dallo studio emergono due processi - l'aumento dell'instabilità occupazionale durante la crisi e la dequalificazione dei primi lavori - che ricalcano entrambi quelli italiani», spiega il docente. «Non è un risultato inatteso: era facile formulare tali ipotesi, ma noi le abbiamo dimostrate con i numeri. La crisi ha prodotto maggiore disoccupazione ma anche un lavoro più instabile e meno qualificato, a parità di livello di istruzione». Sia la precarizzazione, sia la sovra-istruzione o sotto-qualificazione dei primi lavori svolti dai giovani (da 15 a 34 anni) sono tendenze di lungo periodo, osservate sin dagli anni Ottanta del secolo scorso, ma la crisi le ha accelerate in modo netto. A livello nazionale, sia pur usando fonti diverse, è possibile mettere in luce sia le tendenze di lungo periodo, confrontando gli anni Settanta con il primo decennio degli anni Duemila, sia l'effetto della crisi, confrontando l'anno 2008 con l'anno 2012. Per la provincia di Trento è possibile osservare solo l& #8217;effetto della crisi, ma entrambe le tendenze sono altrettanto nette che a livello nazionale. Significativo il dato sui laureati trentini: negli anni 2007-2008 il 23% di essi trovava un lavoro dipendente a tempo indeterminato, in misura lievemente superiore rispetto a chi si era fermato alle medie e a chi aveva conseguito il diploma superiore; nel 2012-2013 quella percentuale scende al 7,5%, contro il 17,8% e l'11,1% degli altri livelli di istruzione. In Italia i laureati con il posto fisso precipitano dal 63% del decennio 1971-1980 al 37,8% di quello 2000-2009, superati nettamente da chi si ferma all'istruzione primaria (il 45,9% raggiunge il posto fisso) e alla secondaria (46,3%). Il mercato del lavoro, dunque, produce pochi posti di lavoro qualificati, con i laureati che hanno maggiori difficoltà di inserimento ma che tuttavia sul medio periodo hanno più chance di trovare impiego: solo il 3,9% resta senza contratto, mentre rimane a casa il 16,3% di chi ha un'istruzione prim aria e il 7,9% di chi ne ha una secondaria. Quanto al livello di qualificazione, calano le professioni intellettuali, dirigenziali e tecniche, aumentano gli impiegati esecutivi e gli addetti al commercio e al turismo. «Invertire questa tendenza sarà faticoso», riflette Reyneri. «Abbiamo qualche segnale, in Trentino e in qualche regione del Nord, di ripresa dell'economia, ma non ancora dell'occupazione e solo in termini quantitativi. È difficilissimo fare previsioni». La ricetta per rianimare il mercato del lavoro? È chiara, ma difficile da tradurre in realtà: «Servono investimenti in tecnologia e innovazione, che in Italia latitano, anche se in Trentino va un po' meglio». Giovanna Fambri, dirigente del Servizio Statistica della Provincia di Trento mette in luce un altro fenomeno: «In Trentino c'è una polarizzazione maggiore sui lavori ad alto contenuto intellettuale e con competenze medio-basse. Questo dipende dal maggior numero di attività stagionali legate al turismo, ma anche dal tipo di sistema produttivo, che è più terziarizzato di altri. La pubblica amministrazione inoltre ha dato impulso a professioni di un certo livello». Il tasso di occupazione mostra un Trentino molto più vicino all'Europa, nelle fasce di età 25-34 anni (83,1% contro 84,2%) e 15-64 anni (70,3% contro 71,9%), che all'Italia (73,1% e 63,5%). Quanto al tasso di disoccupazione, Fambri invita a leggere correttamente i dati: «Siamo al 23% ma questo non vuol dire che 1 su 4 non lavora, perché il riferimento è al 29% rappresentato dalla forza lavoro giovane. Meglio utilizzare il "rapporto di disoccupazione", un nuovo indicatore introdotto dall'Europa dove il riferimento è all'intera popolazione di quella fascia di età: qui nel 2013 il dato giovanile era del 6,8%, molto simile a quello totale, del 6,6%».

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