News/Approfondimenti > 18 dicembre 2004

Bocchi: Identità slegata dal confine. Ormai è globale

Al Mart conferenza dello storico delle idee. Si chiude stamane la prima edizione del Master in Beni culturali organizzato da Trento School of Management

''Confini dell'identità e identità di confine'' è il titolo dell'ultima lectio magistralis che questa mattina nella sala conferenze del Mart porrà il sigillo alla prima edizione del Master of Art and Culture Management organizzato da tsm, Ospite d'eccezione dell'incontro sarà Gianluca Bocchi, filosofo della scienza e storico delle idee, coordinatore scientifico del Centro di ricerca sull'antropologia e l'epistemologia della complessità (Ce.R.Co) presso l'ateneo di Bergamo, saggista prolifico, co-fondatore della rivista, internazionale «Pluriverso''.

Professor Bocchi, ''identità'' è concetto di relazione, che un tempo implicava anche il territorio. Oggi?
«L'identità non può che essere evolutiva, multipla, aperta. Le identità non sono mai complete, si arricchiscono. Il potere politico in origine era relazionale. Nel medioevo era basato sul rapporto re vassalli. Il territorio al contrario è un'invenzione geniale della storia europea moderna. Con gli stati nazionali si è iniziato a concepire come esclusiva la sovranità. Il territorio è diventato un concefto impersonale: i popoli sono sottomessi alla medesima legge perché appartengono al medesimo stato. Si è ritenuto che l'omologazione di diritti e di doveri significasse una cultura comune. Ma non è sempre stato così. Oggi con i nuovi media le relazioni tornano ad essere orizzontali. Oggi diversamente dalla storia moderna, l'identità non si fonda più sullo spazio perché ci sono miriadi di circuiti globali''.

Vi-Fu Than, tra i massimi esperti di geografia umana, nel suo ultimo libro parla della necessità di declinare insieme cosmo e focolare.
«La globalizzazione non è né lontana nè astratta. Un'azienda non decide di andare a produrre indifferentemente in un altro Paese. Il rapporto tra locale e globale è tra due o più luoghi. Per questo bisognerebbe parlare di glocalizzazione. In origine non si cancella, anzi resta il nucleo di connessione tra tante relazioni molteplici. Per partecipare alla globalizzazione bisogna avere i piedi piantati nelle radici, nel focolare, bisogna essere aperti all'altrove ma anche insediati, perché l'altro possa essere tradotto. Questo è poi quello che realmente accade. Il resto è falsificazione''.

Cosa pensa di una Turchia europea?
''Nei trattati dell'Unione non si riconoscono limiti geografici. Non ce ne possono essere perché la frontiera dell'Europa è sempre stata mobile. Dal punto di vista dell'identità dell'Unione, basterebbe ricordare solo come ancora nel 1915 a Istambul c'erano più greci che turchi. La Turchia ha partecipato al processo di costruzione dell'Europa; gli stessi greci avvertono l'attuale frontiera come una presenza inutile. Bisogna ricostruire l'identità euromediterranea''.

Nella Carta costituzionale europea manca il riferimento alle origini cristiane. Si è fatto bene?
''Si è sbagliato. Quando nell'anno mille l'Europa si è allargata a germani, slavi, popoli che non facevano parte della civiltà antica, il cristianesimo ha funzionato da collante. Tuttavia, citando il cristianesimo, la nuova Carta avrebbe dovuto riconoscere anche l'apporto della civiltà classica e delle altre religioni monoteiste. Il Rinascimento aveva immaginato la civiltà europea come fondata su quattro colonne: cristianesimo, ebraismo, islam e sapienza degli antichi. Una visione pluralista che ben si attaglia all'Europa d'oggi''.

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