News/Approfondimenti > giugno 2004

No al vecchio museo cassaforte culturale l’arte è evoluzione

Il direttore del centro olandese De Vleeshal ospite di tsm Rutger Wolfson: “facciamo spazio alle idee”. di Elisabetta Curzel

Arte come velocità e continua evoluzione. E anche come espressione che necessita tempo per essere osservata e riguardata e infine intuita. E ancora arte come imperfezione e aspirazione. C'è spazio per molto nel museo De Vleeshal, nel Middelburgh, uno dei centri di arte contemporanea più innovativi in Olanda. Ma non si tratta di ecumenismo. Ciò a cui aspira Rutger Wolfson, suo giovane e vulcanico direttore, è il ridisegno programmatico del ruolo stesso del museo la sua trasformazione da “cassaforte culturale” a spazio di idee.

Presente ieri al Mart, per la rassegna MASTERinvita – il ciclo di incontri che il Master of Art and Culture Management di tsm offre al pubblico - Wolfson offre spunti per riflettere su arte e società. Un confronto sempre rischioso, forse possibile, mai inutile.

Mr. Wolfson, lei definisce il museo come ''spazio di idee''. Cosa significa?
Usando questa espressione mi riferisco a un approccio molto libero al museo, una prospettiva nuova. Non penso a questa istituzione in senso storico, come ente che conserva l'arte o la esibisce; credo piuttosto in un ruolo nuovo, che permetta di cogliere ciò che l'arte sta generando. Non so dire che cosa l'arte diventerà nel futuro, o quali saranno i nuovi compiti del museo. Ciò che io, come direttore, voglio fare è accogliere nuove forme d'arte e pratiche artistiche che altre istituzioni ancora non accettano. I musei tendono a distinguere tra arte colta e popolare, alta e bassa: un separazione che le nuove forme artistiche, generate da un processo di fusione, spesso non accettano. Museo come spazio di idee vuol dire questo: essere capaci di recepire nuove estensioni.

Nel museo De Vleeshal c'è molto spazio per i giovani - basta citare la grande esposizione dedicata alla cultura degli skateboard. Sensibilità generazionale, che le consente un dialogo più diretto?
Certo, ma c'è anche un altro fattore. La mia (e quelle seguenti ancora di più) è una generazione che si rapporta all'arte in modo più sciolto e naturale rispetto ad altre. li museo però non è interessato solo alla cultura giovanile, ma anche all'architettura, al design e ad altre discipline.

Tante discipline, spesso combinate, in un unico luogo. Non c'è il rischio di attutirne le peculiarità?
Un approccio come il nostro incontra sempre molte resistenze, perché si teme che vada perduto lo specifico dell'arte, soprattutto se nel museo si ammettono anche esempi di cultura di massa. Ma io credo che il pericolo più grande sia un altro, consiste nel mantenere il gap esistente tra arte ufficiale e altre forme di cultura. Quando l'arte è distante e superiore diventa marginale, perde ogni rilevanza sociale.

E in questo senso che nel suo ultimo libro (“Art in crisis”) parla di crisi?
il termine ''crisi'' viene normalmente interpretato in senso negativo ma io, in questo caso, ho voluto intenderlo in modo diverso. Crisi quindi non come pericolo, piuttosto come energia, potere di rinnovamento, ripensamento, cambiamento. Crisi significa evoluzione. Inizio il libro dicendo: l'arte è perennemente in crisi, perché è in perenne rinnovamento. La parola assume una connotazione negativa quando si riferisce a una chiusura: se un museo chiude le porte a certe forme d'arte, c'è crisi in senso tradizionale».li museo non è solo luogo d’incontro per idee diverse. E anche status. Esservi ammesso, anche per l'artista più eversivo, è un riconoscimento importante.

I musei in genere sono luoghi molto speciali, dove alle cose si può prestare attenzione. La televisione va veloce, i media in genere vanno veloci - il museo invece consente di vedere una cosa. Poi rivederla. Poi vederla ancora. Ha un tempo diverso: è una delle sue qualità.

Domani incontrerà Diango Hernandez, artista cubano, trentino d'adozione. Cosa l'ha colpita della sua opera?
Cuba, come altri paesi, è permeata dalla fiducia in un futuro migliore, che poi non si avvera mai: un sentimento simile a quelli dei modernisti, che negli armi Venti del Novecento credevano di poter migliorare il mondo. Nonostante la frustrazione, la speranza si rigenera, giorno dopo giorno. In Hernandez, nella sua imperfezione (ci sono errori, piccoli incidenti nei suoi disegni), c'è tutto questo. Una lotta tragica e comica al tempo stesso.

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