News/Approfondimenti > 07 maggio 2005

Il nuovo diritto alla bellezza. Design tra funzione ed estetica. Aldo Colonetti, direttore dello Ied, sarà ospite di tsm. Nella sua lectio oggetti e creatività

L’incontro: Aldo Colonetti, direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Design di Milano sarà ospite di tsm-Trento School of Management in un incontro aperto al pubblico venerdì 13 maggio (alle 17 presso la sala conferenze del Mart)

Design: termine conturbante, che naviga tra le sponde di un significato incerto. Prodotto industriale, certamente; ma al tempo stesso munifico contenitore, se si pensa a quante discipline nuotano senza sforzo nelle sue acque territoriali. Per Aldo Colonetti, direttore scientifico dell'Istituto Europeo di Design di Milano e ospite di tsm-Trento School of Management, in un incontro aperto al pubblico, venerdì 13 maggio (alle 17 presso la Sala conferenze del Mart di Rovereto) il design sarà “linguaggio della differenza tra simboli, oggetti e luoghi”. Filosofo, storico, giornalista e direttore di “Ottagono”, la più prestigiosa rivista di design edita in Italia, Colonetti conosce da vicino un mondo in cui orientarsi, spesso, è un gioco di gusto.

Il prodotto di design ha avuto nel tempo varie connotazioni. In questo periodo “Anni Cinquanta. La nascita della creatività italiana”, all' Arengario di Milano, celebra un periodo in cui la ricerca progettuale ,era molto sofisticata. Qual è la situazione attuale?

“Direi che il design è maturato, dagli anni Cinquanta a oggi. È parte integrante della cultura progettuale, da un lato, (si pensi alle realtà formative e al ruolo istituzionale raggiunti), e dei processi produttivi dall'altro. È l'elemento determinante e trainante del ''Made in Italy'', o comunque del sistema produttivo italiano di qualità. Dai settori specifici presenti nella produzione di allora - l'arredo, la Cinquecento di Dante Giocosa - il design è passato occupare tutti gli ambiti qualificati della produzione industriale: dalla casa, agli accessori, al cibo. È il valore aggiunto della conoscenza e della produzione che è in grado se rafforzato e usato al meglio, di identificare il sistema produttivo italiano”.

Si sente spesso parlare del valore simbolico del prodotto: questo aspetto non toglie nulla, all’oggetto, dal punto di vista estetico o funzionale?

“Da sempre, da quando esiste l'uomo, gli oggetti hanno una doppia funzione: l'utilizzo (la cosiddetta funzione semantica operativa), e la funzione simbolica estetica. Quest'ultimo elemento è cresciuto soprattutto in virtù dello sviluppo delle arti applicate e del design. Esistono settori, come i servi o i trasporti, in cui l'aspetto simbolico pur importante deve declinare con esattezza e pertinenza gli aspetti funzionali e pratici. In altri settori, la funzione è meno importante. Si pensi a elementi di decoro della casa, ad accessori per il corpo, alla moda – campi nei quali l’aspetto simbolico prevale su quello pratico e operativo. In certi settori sarebbe giusto un equilibrio; in altri dovrebbe prevalere la chiarezza funzionale; in altri ancora (penso alle realizzazioni di Philippe Stark) l’aspetto simbolico giocoso domina su quello operativo, a scapito della funzione operativa che diventa marginale”.

Quindi l’ironia e la dimensione ludica che oggi si riscontra negli oggetti non va a detrimento degli stessi?

“Non credo. Molto dipende dalla consapevolezza di chi fa queste operazioni  - basta pensare alla “poltrona Proust”di Alessandro Mendini, che ha preso un manufatto riconoscibile e l’ha dipinto come fosse un oggetto d’arte. Un elemento ironico inoltre, in certi settori, può essere utile per facilitare il rapporto tra l’oggetto e l’uomo”.

Lei ha portato come esempio un oggetto celebre, che, però sin dall'origine è stato “per pochi”. Invece, per un certo periodo, il design è stato utopia - quasi un manifesto di come il prodotto di qualità potesse essere alla portata di tutti. Perché le cose sono cambiate?

“Sono cambiate la società e i rapporti tra la produzione e il mercato; si è diffuso un sapere in modo un po' generico; il diritto alla qualità estetica, alla bellezza, è diventato un diritto diffuso. La connessione tra progettazione, design, mercato e comunicazione di massa ha poi determinato fenomeni contradditori, come sempre accade quando una disciplina, da settore specifico di riferimento, diventa diffusa e di moda. Le contraddizioni, nel design, sono all'ordine del giorno”.

Il design, oggi, deve ancora districarsi tra moderno e responsabilità nei confronti della tradizione?

“Se “tradizione” significa, nella cultura italiana, il recupero delle grandi realtà artigianali delle arti applicate, credo che la risposta sia affermativa, perchè è proprio questo l'elemento che differenzia in positivo noi da tutti gli altri Paesi del mondo. Se invece significa recuperare i linguaggi espressivi che sono appartenuti ad altri tempi storici, forse è il caso di dimenticare questa nostalgia. Non lascerei invece al margine, usando un'espressione di Gillo Dorfles, il recupero della “dimensione artigianale del fatto a mano”, cioè il fatto che le realtà italiane, piccole e medie, abbiano radici in territori in cui era forte - e ancora deve esserlo - la qualità e la tradizione artigianale”.

Parlando di design, lei cita uno studioso che , con un libro entrato nella storia, è stato il primo vero cantore del kitsch.

“Il libro che lei cita (Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto, Mazzotta Editore, ndr), forse l'unico al mondo sistematico su questo tema, è importante; ma non è un testo a difesa del kitsch. Definisce piuttosto questo termine; ne realizza gli aspetti espressivi e linguistici. Poi; in questo enorme contenitore che chiamiamo kitsch ci sono fenomeni interessanti, che potrebbero essere ricontestualizzati, ed altri che rimangono di pertinenza di un gusto deteriore. Il kitsch, in sostanza, è un uso inconsapevole e improprio di materiali e forme in contesti non tradizionali; una scorciatoia verso la ricomposizione di forme materiali che fino ad allora avevano vite indipendenti - si pensi a certi accostamenti cromatici o di materiali (la plastica con il legno, per esempio). Ma con il kitsch si può avere anche un rapporto ironico: è sempre la consapevolezza che determina il valore delle nostre azioni.

Una, provocazione, a proposito di consapevolezza. Molti prodotti di design sono esteticamente eleganti; non sempre però raggiungono quella specie di “vicinanza” formale che rende un prodotto completo. È possibile stabilire dei criteri di validità e qualità dell’oggetto? In altre parole, come si fa a scegliere?

“Per un consumatore maturo scegliere il prodotto di design deve significare optare per un oggetto che sia in sintonia con la propria modernità; un prodotto che abbia elementi di comodità, ma anche la possibilità di soddisfare i suoi desideri simbolici ed estetici. Oggi è molto difficile .orientarsi in questo enorme campo, perché c'è di tutto e il suo contrario. Nell'ultimo Salone del Mobile, per fare un esempio, accanto a oggetti minimalisti c'era una. serie di fenomeni nel segno di un neodecorativismo barocco. Insomma; c'è posto per tutto”.

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