News/Approfondimenti > 06 maggio 2005

Silenzio, il turismo ci guadagna. Canestrini: montagna intelligente non è sinonimo di povera

Conferenza del noto antropologo: dalla montagna rigenerativa di Rousseau alla tecno sulle piste da sci.

Tutt’altro che silenzioso e per nulla a passo d’uomo, Duccio Canestrini ci accompagna attraverso un multimediale percorso culturale, che dalle cartoline d’epoca all’ultima pubblicità della Fiat racconta dell’amato perduto silenzio in vacanza.

E’ “Zitto e cammina! Ovvero del turismo silenzioso”, l’incontro del ciclo “Prima…Roccabruna” del TrentoFilmFestival che si è tenuto nella Casa dei prodotti trentini mercoledì scorso. Sull’onda degli altri appuntamenti della settimana nei quali si è parlato del nuovo ruolo dei rifugi di montagna e della nuova montagna, con la Trento School of Management che organizzava il convegno si è parlato questa volta di nuovo turismo: sostenibile, acculturato e desideroso di riassaporare i silenti spazi montani. Una felice immagine, che cozza rumorosamente con alcune tendenze degli ultimi tempi: balli unzunz con gli scarponi da sci ai piedi in mezzo alla pista – con le basse note della techno (nel senso che pure musica di bassa lega) che si sparano nell’aere dalla cima al fondo valle – parchi dei divertimenti disneyani nel bel mezzo di verdi praterie, strade che seviziano i monti e conseguenti andirivieni di automezzi, clakson, smog eccetera eccetera… A tutto questo, se non bastasse, si deve aggiungere la nostra ormai insita predisposizione al rumore, alla fretta, al solito telefonino sempre vivacemente appiccicato a bocche ed orecchie, alla nostra diseducazione, insomma, al silenzio. Esteriore ed interiore.

Il nostro antropologo trentino, il Canestrini, con la simpatia e brillantezza che gli sono usuali, sfodera una discreta carrelata di documenti che testimoniano come il rumore avanzasse fra le alte quote già centinaia di anni fa: c’è Carlo Goldoni, che nel 1773 annotava come “I villeggianti portano seco loro in campagna (ma si può sostituire con montagna) la pompa ed il tumulto delle città”. Ci sono le cartoline fin de secle che con i turisti buffo-vestiti che invadono la Natura bardati di ogni comfort, facendone della stessa un surrogato del salotto di casa. Fino ai nostri manifesti di promozione turistica, che recitano come negli splendidi paesaggi trentini ci si possa, comunque, divertire.

Della montagna – lo diceva Rousseau – bisogna poter cogliere il suo aspetto di rigenerazione spirituale. E il turismo intelligente - quello verso cui il Trentino dovrebbe andare – deve potersi sviluppare proprio secondo questi termini di “necessaria armonia” e avvallare l’equazione per cui montagna silenziosa non vuol dire sottosviluppata, ma il contrario. Se ad un certo punto del secolo scorso le bianche distese di neve vengono declassate a luoghi mondani dove abbronzarsi e divertirsi, oggi il nuovo turismo invoca un ritorno alla non-urbanità della montagna: bando a consumismo ed edonismo, diventiamo grandi e porgiamo l’orecchio alle nostre voci interiori. Per cui il silenzio è l’ingrediente essenziale.

Il vicepresidente del Trento FilmFestival Elio Caola ci ricorda, anche citando Mario Rigoni Stern, come il silenzio in montagna faccia parte di quel codice non scritto (ma anche scritto: ” Non bisogna adattare l’ambiente dell’alta montagna alle esigenze degli sportivi, bensì adattare queste ultime alle realtà ambientali dell’alta montagna”, si legge nelle Tavole della Montagna di Courmayer) di ogni buon montanaro, perché sì, è segno di rispetto verso il Creato, ma serve anche per salvarsi la pelle.

Infine il docente Umberto Martini spiega come il turismo silenzioso sia anche strategicamente conveniente da un punto di vista manageriale. Dunque bello, utile, perfino economicamente competitivo, il silenzio è finalmente d’oro.

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