News/Approfondimenti > 05 marzo 2016

"Aziende, partecipazione soft"

 Corriere del Trentino

Trai: lavoratori coinvolti con gradualità. Carrieri: la questione è culturale

Trento Uno scoglio culturale, ancor prima che politico. La realizzazione di una nuova democrazia industria le italiana si scontra con un passato ingombrante, fatto di parti sociali poco inclini ad agevolare la partecipazione dei lavoratori alle imprese e sperimentazioni ancora troppo timide. «Ma oggi è il momento giusto per cambiare» avvisa Tiziano Treu, ex ministro del lavoro e componente del Cnel, co-autore con Paolo Nerozzi, già segretario generale nazionale della Funzione Pubblica cgil e Mimmo Carrieri, docente di Sociologia economica e del lavoro all'Università La Sapienza, del volume «La partecipazione incisiva», presentato ieri dagli autori al seminario «Partecipare al cambiamento organizzativo» proposto da Tsm lares a Trento.

«È arrivato il momento di mostrare che l'impresa può essere trattata come un bene comune e che è possibile realizzare una maggiore conciliazione tra lavoratori e aziende», sollecita Treu. Il tema, infatti, è reso ancora più attuale dall'ultima legge di stabilità con cui il governo ha deciso di premiare le imprese che mettono in campo tale partecipazione. «Purché gli incentivi vadano a chi realizza una partecipazione reale, contrattata e non unilaterale -mette in guardia l'ex ministro -- Anche se non è facile: i sindacati non sono abituati e gli imprenditori italiani hanno spesso lo sguardo corto». Ma immaginare una nuova partecipazione è fondamentale, oggi più che mai: «n lavoro si è spersonalizzato, il livello di precari età ed estraniamento dei lavoratori è altissimo», annota Nerozzi, strizzando l'occhio alle sperimentazioni già avviate in alcune aziende dell'Emilia Romagna, dalla Ducati alla Lamborghini: «Non a caso, aziende che hanno un forte contatto con il mondo tedesco o perché ne sono dipendenti o competitor». Già, ma cosa manca al resto d'Italia per adottare lo stesso modello? Perché si parla ancora di eccezioni e non di prassi? «I sindacati hanno le loro colpe, soprattutto storiche, ma la questione è culturale. Bisogna diffondere e istituzionalizzare questi comportamenti -- consiglia Carrieri -- altrimenti, senza un sostegno normativo, sarà difficile renderli duraturi ed estesi». Ecco, dunque, la «soluzione soft» proposta Treu: «Non possiamo obbligare le imprese ad adottare la partecipazione incisiva per legge, dobbiamo invece scegliere un approccio graduale. Il nostro è un sistema di piccole e piccolissime imprese, nel quale i lavoratori saranno pienamente coinvolti nelle governance, solo se prima si conquisterà il consenso degli imprenditori e delle rappresentanze. Inoltre anche le esperienze più forti di co-gestione tedesca hanno avuto dei problemi. Erano nate per un modello fordista d'impresa che oggi non esiste più visto che il mercato è precari o e polverizzato». Bisogna, dunque, immaginare una via italiana per la partecipazione, una strada che parta dai singoli contratti e solo successivamente arrivi alla normativa. «E in questo senso -- conclude Carrieri -- il documento "Un moderno sistema di relazioni industria li" con cui cgil , cisl e uil per la prima volta hanno invocato la partecipazione strategica dei lavoratori nelle aziende, è un ottimo punto di partenza. Purché però, a questo seguano comportamenti concreti».

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