News/Approfondimenti > 05 marzo 2016

"Democrazia in azienda, si sperimenti"

Corriere del Trentino

L'ex ministro Treu: «Partecipazione dei lavoratori, spazi ampi. In Trentino terreno favorevole»

Trento È possibile coinvolgere i lavoratori nella gestione delle imprese? L'interrogativo risuona nel volume «La partecipazione incisiva. Idee e proposte per rilanciare la democrazia nelle imprese», (Il Mulino 2015), a cura di Mimmo Carrieri, Paolo Nerozzi e Tiziano Treu. n saggio, nato dalla discussione collettiva di un gruppo di studiosi riuniti intorno alla Fondazione Astrid, raccoglie esperienze e modelli di partecipazione e codeterminazione d'impresa presentando vie alternative, nazionali e comparate, ai tradizionali rapporti di forza tra capitale e lavoro. Un volume che sarà presentato domani, dalle 9 alle 13, al seminario «Partecipare al cambiamento organizzativo» organizzato da Tsm-lares nella sede di via Giusti 40, a Trento, e che proprio Tiziano Treu, già ministro del lavoro ed ex commissario straordinario dell'Inps, attualmente componente del Cnel, anticipa al Corriere del Trentino. Professore, perché è così importante parlare di partecipazione incisiva dei lavoratori nelle imprese? «È la contemporaneità che lo impone: dalla crisi economica alla nascita di nuovi lavori. Non a caso, sono già diverse le aziende italiane che stanno sperimentando una nuova forma di coinvolgimento dei lavoratori in azienda. E alla realtà, come spesso accade, seguono le leggi». In questo caso, la legge di Stabilità. «Esatto. Il legislatore ha deciso di premiare le aziende che favoriscono la partecipazione dei lavoratori, aumentando gli incentivi fiscali dedicati». E in che modo i lavoratori potranno partecipare alle imprese? «Vi sono diversi livelli di partecipazione: dall'informazione sistematica e preventiva alla consultazione vera e propria fino al livello più intenso rappresentato dalla presenza dei lavoratori nei consigli di amministrazione o di vigilanza delle società. Ma questo non è il caso italiano». «Perché in Italia questa tipologia, molto diffusa nel nord Europa, non è ben vista né dai datori di lavoro né tanto meno dalla cgil». Però il sindacato ha fatto un'apertura importante: con il documento «Un moderno sistema di relazioni industriali» ha chiesto che i rappresentanti dei lavoratori vengano coinvolti nella governance e nelle scelte strategiche delle imprese. Non è abbastanza? «Sì, è sicuramente un documento interessante, ma per ora si tratta di un accordo quadro, bisognerà vedere cosa accadrà alla prova di fatti. Io auspico che sia il sindacato che le associazioni come confindustria e Confcommercio si adoperino per coinvolgere davvero i lavoratori». C'è un modello, tra i tanti analizzati nel saggio, che si sente di suggerire? «La Francia e la Germania sono sicuramente i Paesi più interessanti nella gestione di queste pratiche, ma le loro formule non vanno bene per l'Italia. In Germania, ad esempio, è prevista per legge la presenza di rappresentanti dei lavoratori nei consigli di sorveglianza delle società. In Italia questo non funzionerebbe: noi, piuttosto, dobbiamo favorire una partecipazione più piccola, ma più diffusa, un coinvolgimento quotidiano nell'organizzazione del lavoro attraverso, ad esempio, l'autoregolamentazione dei tempi di attività. Tipologie già adottate da aziende importanti, come la Ducati e la Lamborghini e che si stanno diffondendo anche alla Fiat». E il Trentino? «Il Trentino potrebbe essere un territorio molto proficuo per queste sperimentazioni: ha sempre vantato relazioni industriali molto collaborative, con una cgil decisamente riformista. E poi, questo tipo di partecipazione sarebbe applicabile non solo alle grandi imprese, ma anche le aziende medio piccole, di cui è ricco il Trentino». E lo smart working, di cui si sta parlando proprio negli ultimi tempi, modificherà la partecipazione dei lavoratori all'impresa? «Non direttamente. Entrambe le cose però favoriscono il benessere delle persone e danno più libertà ai singoli di autodeterminarsi».

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