News/Approfondimenti > 29 novembre 2014

Euro addio? I vantaggi solo illusori

Corriere del Trentino

Trento L'immagine è quella dei cartoneros, l'esercito di persone che in Argentina finì nella miseria a seguito del default del 2001. Scenario che, qualora l'Italia scegliesse di dire addio all'euro, potrebbe ritornare a essere attuale, trovando nuova linfa nelle nostre strade, tra la nostra gente. E questo il giudizio, nettissimo, emerso dalla tavola rotonda «E se l'Italia uscisse dall'euro?». «Se questo accadesse, la nostra nuova moneta sarebbe svalutata del 20%, producendo sì un'iniziale crescita dell'i, 5% del Pil, ma gli effetti positivi sarebbero esigui e comunque riscontrabili solo nel brevissimo periodo», chiarisce Sandro Trento, docente di economia e management dell'ateneo trentino.

«Il potere d'acquisto delle famiglie italiane, infatti, sarebbe decurtato, gli Stati stranieri awierebbero nei nostri confronti una violenta guerra commerciale e gli investitori esteri aprirebbero cause legali molto pesanti contro di noi». Situazione, dunque, tutt'altro che auspicabile, nonostante siano numerose le forze politiche che a più riprese hanno fatto leva su un sentimento crescente di insofferenza verso la moneta unica. «E facile con la crisi così forte ricercare nemici comuni. Ma la sfida è il recupero di un senso di responsabilità e di credibilità internazionale, che possa portare il resto del mondo a investire nuovamente nel nostro Paese», ha sottolineato il presidente della Provincia di Trento, Ugo Rossi.

«L'esempio trentino dimostra come non basti la spesa pubblica a sostenere il sistema produttivo. Serve aprirsi a un mercato globale, essere realmente competitivi, chiedendo all'Europa di promuovere una coesione sociale maggiore», ha specificato il governatore.

Un recupero di identità politica, dunque, che chiama in causa le istituzioni europee, il cui operato, negli anni della crisi, ha visto prevalere una «cieca austerità, mentre bisognerebbe promuovere investimenti e recuperare produttività», ha ripreso Luca Visentini, rappresentante italiano nell'European Trade Union Confederation. Visentini ha, infatti, rilevato come la moneta comune sia stata «una rete di protezione fondamentale per l'Italia, ma è ora di risolvere il gap democratico che porta i cittadini a mal sopportare l'intero sistema». Giudizio condiviso dal presidente di Unipol, Pierluigi Stefanini, che ha rilanciato: «L'Ue non ha giocato politiche degne di fare la storia. Servirebbero più welfare e innovazione sociale, sostenibilità e ricerca.

E una questione tutta politica e l'Italia deve negoziare con forza il proprio ruolo di Paese fondatore. Potrà farlo solo con una visione».

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