News/Approfondimenti > 20 ottobre 2017

La conciliazione? Con lo smart working

Corriere del Trentino

Convegno su lavoro e famiglia. Occupate 8 mamme su 10, ma il 10% lascia. «Andare oltre il part time»

Trento Promuovere la genitorialità e non solo della maternità, incoraggiare la conciliazione a sostegno dell'occupazione piuttosto che a supporto della parità di genere, investire sullo smart working senza pensare che il part time sia la soluzione che accontenta tutti. E forse riusciremo a sostenere meglio la maternità nel mondo del lavoro. Perché il paragone tra Italia e Europa è impietoso. Rispetto alla media nazionale, va un po' meglio in Trentino. Le donne occupate con figli da o a 5 anni (che hanno dai 25 ai 49 anni) in Italia sono il 77,4%, in Trentino arrivano all'84,4%; ciò significa che hanno un'occupazione 8 mamme su 10. Poi però il 10% abbandona il lavoro. promuovere la parità di genere nel mondo del lavoro è stata sostenuta e promossa l'occupazione. «Le politiche - ha detto Solerà - modificano vincoli e opportunità e condizionano i modelli culturali. Dove è stata preferita la conciliazione duale, o genitoriale e l'occupazione, piuttosto che il solo sostegno alle donne il divario risulta meno marcato». E i concetti «family friendly» piuttosto che «work balance» vanno esattamente in questa direzione. Sul tavolo anche i servizi dedicati alla prima infanzia, il prezioso supporto dei nonni, i congedi parentali. E di questi ultimi è stato detto che in Italia non solo molti padri non sanno che possono usufruirne, ma se lo fanno spesso sono considerati dei «mammi», senza contare l'aspetto finanziario: sono poco utilizzati anche per il loro scarso appeal economico (vengono pagati al 30% dello stipendio), in altri paesi sono molto utilizzati e pagati al 90-100% dello stipendio. «Vogliamo trovare qualcosa di positivo? - ha commentato Barbara Poggio, professoressa associata di Sociologia dell'Università di Trento, presentando costi e maternità in provincia di Trento - Possiamo solo migliorare». In Trentino, sulla base di un questionario dell'agenzia del lavoro, che ha coinvolto 612 mamme ex lavoratrici, emerge che i settori dove le donne abbandonano di più il lavoro sono quello del commercio e dei pubblici esercizi e dell'industria; meno nella pubblica amministrazione, nella sanità e nell'istruzione. Dato sorprendente è che le mamme lavoratrici abbandonano quasi sempre «un buon lavoro». Ovvero un lavoro qualificato, a tempo indeterminato, con una retribuzione adeguata, svolto in un buon clima con i colleghi, con mansioni interessanti e nel 50% dei casi portato avanti da più di 5 anni. Perché? Isabella Speziali, direttrice dell'osservatorio del mercato del lavoro dell'agenzia del lavoro, ha spiegato che il 65% delle donne che lasciano l'impiego lo fanno per «una scelta obbligata» dovuta a: un orario di lavoro non compatibile, difficoltà nell'avere permessi e congedi parentali, mancanza di servizi, distanza casa-lavoro. «Sono soprattutto le mamme lavoratrici che abitano in periferia ad avere più difficoltà e quelle meno istruite - ha detto Speziali ?. Tendono invece a tenersi di più il lavoro le mamme senza partner perché più a rischio povertà e sono pochissime coloro che lo abbandonano se impiegate nel pubblico impiego». Lo scontro di esigenze con l'azienda e/o il datore di lavoro è evidente: nel 40% dei casi è arrivato un no al part-time, nel 30% un no alla flessibilità d'orario e a seguire inconciliabili esigenze organizzative, incompatibilità tra mansioni e orario, il voler evitare di creare precedenti o nessuna spiegazione. Ma non tutto è perduto. Dopo un anno il 40% delle donne si rioccupa, il 35% si dichiara casalinga, il 20% delle madri non lavora, malo cerca. Quelle più avvantaggiate nel reimpiego hanno un'istruzione medio-alta. Tutte si orientano su settori più friendly dove ancora a farla da padrone è il part time che però non risolve la difficoltà della conciliazione. «Le donne in part time - ha puntualizzato Adele Mapelli, consulente e formatrice - continuano a chiedere permessi e spesso sono le prime a smettere di investire professionalmente su se stesse». Il futuro? Potrebbe essere lo smart working, ovvero il lavoro basato su tecnologie mobili come tablet e smartphone che permettono di lavorare anche mori dall'azienda. Per ora il baratto resta evidente: le mamme lavoratrici rinunciano «ad un buon lavoro», alla stabilità lavorativa in cambio di orari flessibili e più adeguati. «C'è bisogno di investire sul welfare aziendale - ha commentato l'assessora provinciale alle pari opportunità Sara Ferrari - . C'è bisogno di una maggiore responsabilità intrafamiliare nella suddivisione dei compiti dicura, da qui anche l'investimento sull'educazione fra generi fin dalla scuola».

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