News/Approfondimenti > 20 marzo 2015

"La ripresa arriva con la specializzazione"

Corriere del Trentino

Oggi Di Vico al seminario di Tsm-Lares. «All'estero le aziende grandi siano locomotrici per le piccole»

TRENTO Per agganciare la ripresa economica la politica industriale dovrebbe essere «on the road», in grado di lasciare spazio alle imprese di confrontarsi con il mercato. Ma con meno tasse e una maggiore cultura industriale. Ne è convito Dario di Vico, inviato ed ex vicedirettore del Corriere della Sera, che oggi dalle 14 sarà a Trento, nell'ambito del seminario organizzato da Tsm-lares «L'industria italiana tra politiche pubbliche e riorganizzazione». Assieme al giornalista interverranno il vicepresidente della Provincia Alessandro olivi e il docente di economia e gestione delle imprese, all'ateneo trentino, Sandro Trento. Lo spunto del dibattito sarà il libro che Di Vico ha recentemente pubblicato assieme a Gianfranco Viesti, docente di economia internazionale all'università di Bari. «Cacciavite, robot e tablet. Come far ripartire le imprese» (editrice il Mulino) contrappone due punti di vista, con Viesti che sostiene il rilancio di un'azione pubblica «all'altezza delle sfide della globalizzazione», mentre Di Vico è per una «politica industriale plurale in cui lo Stato diminuisca le tasse e passi l'iniziativa a banche, fondi di investimento e multinazionali». «Oggi cominciano a crearsi condizioni favorevoli a livello macroeconomico -- osserva Di Vico -- il petrolio che scende, le manovre di Draghi, il cambio favorevole. La domanda è: si possono in parallelo creare condizioni favorevoli anche per il livello microeconomico? Io credo di sì, a patto che le politiche industriali non tornino ad essere centralizzate, ma lascino le aziende a confrontarsi con il mercato». Uno dei segmenti su cui si può lavorare con maggiore profitto, per Di Vico, è quello dei distretti. «I distretti devono ri-specializzarsi, cioè devono riprodurre le condizioni che rappresentano il loro vantaggio competitivo.

Non è possibile competere sui costi, quindi occorre puntare su innovazione e specializzazione». Un esempio su cui riflettere è quello della Cina: «La qualità non abita solo da noi, sta crescendo ovunque. Anche la Cina, grazie alla sua enorme massa critica, oppone un'offensiva tecnologica a tutti i livelli -prosegue l'autore --. Noi dobbiamo lavorare sulla selettività, impostare strategie centrate sulle nicchie». Se l'export si dimostra una delle poche armi vincenti in questa fase congiunturale, è opportuno che le aziende di medie dimensioni si mettano alla testa di «convogli» di Pmi, in modo da approdare in terra straniera con dimensioni sufficienti. «Per il Festival città impresa ho fatto fare una veloce analisi: nel Nordest ci sono almeno 80 società quotabili in Borsa, significa che hanno i requisiti per diventare locomotrici e trascinare le piccole imprese del loro indotto alla conquista dei mercati stranieri. Un indotto -- aggiunge Di Vico -- che non è costituito solo dai fornitori, ma anche dai professionisti del terziario, che mettono a disposizione il loro portato di creatività e ingegno». E le multinazionali? A volte i territori le guardano con sospetto, la paura è che un giorno possano andarsene, come spesso è accaduto in passato. «Io porto l'esempio della Sanpellegrino -- spiega il giornalista --, un marchio italiano acquisito dalla Nestlè, che è riuscita ad aumentare i ricavi di quattro volte. L'importante è negoziare un rapporto fecondo con il territorio. Non basta attrarre l'investimento nella fase iniziale, ma occorre impostare un accompagnamento costante anche per il futuro».

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