News/Approfondimenti > 11 febbraio 2015

Laurea e tempo indeterminato? Trend in picchiata: dal 23 al 7,5%

Corriere del Trentino

Assunzioni definitive a picco. Offerte mansioni sempre meno qualificate

Trento Disorientamento e dequalificazione. E un virus dalle conseguenze potentissime quello che ha preso di mira le generazioni più giovani, in Trentino come nel resto d'Italia. Si ingrossano sempre di più, infatti, le fila di quanti, pur affacciandosi al mercato del lavoro con una laurea tra le mani, sono costretti ad accontentarsi di «mansioni basse», contraddistinte da una minima soddisfazione professionale ed economica. A dirlo, la ricerca condotta dal professor Emilio Reyneri, docente dell'Università di Milano Bicocca, presentata nel corso del seminario «I primi lavori dei giovani a Trento: sempre più instabili e meno qualificati?», organizzato daTsm lares. Indagine che, analizzando l'andamento del mercato occupazionale degli anni '70 e del primo decennio degli anni 2000, evidenzia come la correlazione positiva tra titolo di studio e qualità di inserimento professionale sia ormai poco più che un ricordo. «La disoccupazione giovanile è aumentata non soltanto perché i giovani impiegano più tempo a trovare il loro primo impiego alla fine degli studi, ma anche perché quasi sempre si tratta di occupazioni "a termine" poco qualificate rispetto al titolo conseguito. Condizione che li porta ricercare lavoro con maggiore frequenza» ha spiegato il professore. Nessuna certezza, dunque, per i giovani dottori di godere di una migliore posizione lavorativa, sociale e retributiva, rispetto ai coetanei che hanno rinunciato al percorso universitario. Tendenza, questa, che appare ancora più evidente proprio in Trentino: «Territorio in cui -chiarisce -- si è assistito negli ultimi cinque o sei anni a una preoccupante decrescita al ribasso. Ovvero: l'occupazione è diminuita, specie nelle fasce più alte e qualificate». Inoltre, se si sposta l'attenzione sulla stabilità contrattuale, la situazione non appare certo migliore, con i contratti a tempo indeterminato in caduta libera, a cui si sostituiscono contratti parasubordinati e a tempo determinato. Nel solo Trentino, dal 2008 al 2012, i laureati in possesso di un contratto stabile sono passati dal 23% al 7,5%. Al calare delle professioni intellettuali, inoltre, si è accompagnata una crescita senza sosta di servizi alla persona (giovani, anche laureati, frequentemente impiegati come commessi o camerieri) e di «occupazioni elementari» (ad esempio, aiuti domestici). «Anche questa provincia, nonostante partisse dauna situazione migliore rispetto al resto di Italia, presenta oggi alle nuove generazioni un conto decisamente salato. Negli anni '70 -ribadisce Reyneri -- il primo impiego portava con sé un inserimento duraturo, un inquadramento professionale rispondente al percorso scolastico con evidenti prospettive di crescita e di guadagno sicuro. Molti neolaureati, ad esempio, venivano assunti nel pubblico impiego, mentre oggi, è proprio questo il settore in cui troviamo più precari». Ecco, dunque, avanzare uno spirito di frustrazione diffuso, nato dall'aver disatteso le aspettative genitoriali, quelle della «generazione dei padri», ovvero di tutti coloro che hanno trovato il primo impiego negli anni '70 e che qualche anno più tardi hanno investito nell'istruzione dei propri figli, certi, in questo modo, di aver fatto loro il regalo più grande: quello di un avvenire solido e ricco di soddisfazioni.

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