News/Approfondimenti > 04 ottobre 2014

Se i sindacati sono inutili. Regalia: ''Assurda la battaglia sull’articolo 18''

L'Adige

«La battaglia sull'articolo 18 è assurda, non serve a nessuno e non permetterà di cambiare davvero le cose in Italia. Si tratta di un mero conflitto ideologico, figlio di un'impostazione superata e privo di interesse per la nostra società».

Ida Regalia, professoressa di sociologie dei processi economici presso l'Università di Milano e rappresentante dell'Aisri (Associazione italiana studi sulle relazioni industriali), non lascia spazio a dubbi: a suo avviso, il dibattito suscitato dalla norma di tutela dei lavoratori in caso di licenziamento senza giusta causa, nato in seno alla riforma sul lavoro proposta dal Governo di Matteo Renzi, è privo di significato. Intervistata a margine del convegno «Tempi duri e scelte difficili: i sindacati in Europa occidentale » (tenutosi ieri presso la tsm), la docente, esperta di concertazione aziendale, ha espresso il proprio pensiero anche sull'effettiva utilità degli enti di rappresentanza dei lavoratori.

Professoressa Regalia, attualmente l'opinione comune vede i sindacati italiani come degli enti conservatori, incapaci di adattarsi alle mutate contingenze del mercato del lavoro. La situazione è davvero questa?

«No. In realtà i sindacati italiani sanno essere anche dei grandi innovatori, capaci di attrarre nuove persone e dare risposte opportune a seconda delle esigenze. Ci sono esempi di organizzazioni locali che sono state in grado di garantire un livello molto alto di servizi. Purtroppo, le esperienze di successo rimangono settoriali e localizzate, ed i sindacati del nostro Paese non sembrano ancora in grado di operare in modo unitario».

Per quale ragione, quindi, il numero di tesseramenti è in continua diminuzione?

«La verità è che la situazione è difficile all'interno degli stessi sindacati, dove si creano vere e proprie fratture tra gli esponenti dei lavoratori. Giovani, donne ed immigrati spesso non trovano sigle capaci di accoglierli. Anzi, è più frequente che le nuove categorie di lavoratori - con contratti cosiddetti atipici - siano addirittura malvisti da chi ha un contratto regolare, perché considerati come una minaccia ai propri interessi. Per la mia esperienza, posso dire che i problemi dei sindacati sono dovuti principalmente alla mancanza di solidarietà tra gruppi di lavoratori, e non per questioni di rappresentanza».

Dell'articolo 18 si è molto discusso e le posizioni sono contrapposte. Crede che una sua possibile abrogazione possa effettivamente rilanciare il mercato lavorativo italiano?

«No, nel modo più assoluto. La verità è che, malgrado in alcune regioni la situazione sia migliore rispetto ad altre, in Italia mancano servizi attivi per l'impiego e politiche lavorative concrete. Di fronte all'enorme diffusione dei contratti atipici, che ammettono pochissime tutele, è evidente che i problemi sono altri. Se chi viene licenziato, anche ingiustamente, venisse aiutato a ricollocarsi, dell'articolo 18 non si parlerebbe nemmeno».


DA LONDRA

Serve una radicale riorganizzazione

I sindacati italiani sembrano vivere una situazione di grave debolezza.

Per superare la crisi, le associazioni dei lavoratori necessiterebbero di una drastica riorganizzazione interna, al fine di rispondere meglio alle esigenze del contesto professionale attuale, introducendo forme di tutela per quelle persone escluse dalle dinamiche di rappresentanza.

Lo sostengono Rebecca Gumbrell-McCormick e Richard Hyman - docenti presso l'Università di Londra e la London School of Economics - che, nella mattina di ieri, sono intervenuti nell'ambito del convengo «Tempi duri e scelte difficili: i sindacati in Europa Occidentali».

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