La valutazione della dirigenza pubblica dopo le Riforme Brunetta
Quarta di copertina
La legge 15 e il decreto legislativo 150 del 2009 disegnano un nuovo ruolo del dirigente pubblico maggiormente responsabilizzato nella gestione del personale e nella valutazione dei dipendenti. Lo stesso dirigente è anche chiamato, in modo più esplicito e puntuale, a rispondere del proprio operato in relazione al raggiungimento di chiari obiettivi prefissati e, più in generale, al conseguimento di visibili e verificabili risultati.
Le riflessioni presentate nella prima parte del volume sottolineano i buoni motivi che sostengono l'opportunità di introdurre le pratiche valutative nei processi decisionali delle nostre amministrazioni. Ma, al tempo stesso, richiamano la necessità di costruire i presupposti organizzativi e gestionali senza i quali le nuove riforme rischiano, come in passato, di restare sostanzialmente inattuate.
Il volume si caratterizza inoltre, nella seconda parte, per l'analisi di alcune buone pratiche di valutazione delle prestazioni della dirigenza sia a livello centrale che locale. Dall'analisi di queste esperienze, pur molto diversificate tra di loro, emerge che valutare è possibile e concretamente praticabile anche nel nostro contesto istituzionale e amministrativo. Esperienze concrete che aprono la strada a una maggiore trasparenza ed efficienza nell'operato della Pubblica Amministrazione e, in ultima analisi, a un migliore riscontro nella qualità dei servizi offerti ai cittadini.
Introduzione
Parte prima. La valutazione della dirigenza e processi di riforma della pubblica amministrazione
Premessa
1. La valutazione: cos'è, perché è utile, di Elena Fagotto
1.1. Struttura e finalità della valutazione
1.2. Valutazione e accountability
2. Le quattro tappe del processo di valutazione della dirigenza, di Mauro Marcantoni » 27
2.1. Prima fase: definizione del quadro e avvio del processo di riforma
2.2. Seconda fase: consolidamento dei principi e coordinamento degli strumenti
2.3. Terza fase: apertura al territorio e prime esperienze a regime
2.4. Quarta fase: compimento del disegno organizzativo e ridefinizione del ruolo dirigenziale
2.5. Le prospettive
3. Dalla logica dei mezzi alla cultura della meritocrazia e dei risultati, di Fortunato Lambiase » 33
3.1. Introduzione
3.2. L'ambito di applicazione
3.3. Valutazione e premialità: il passato
3.4. Gli attori del sistema di valutazione
3.5. La riforma della dirigenza
3.6. Valutare, premiare e rendicontare
3.7. Considerazioni conclusive
4. I grandi nodi da sciogliere, di Mauro Marcantoni
5. Alcuni buoni motivi per rilanciare l'attenzione alla valutazione pubblica, di Efisio Espa
5.1. Valutazione della dirigenza, line e front office
5.2. Incentivi, premialità ed efficienza delle strutture pubbliche
5.3. I presupposti organizzativi della valutazione
Parte seconda. Esperienza e aconfronto
Premessa
Esperienze a livello nazionale
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di Ciro Esposito
Ministero dello Sviluppo Economico, di Claudia Bugno
Esperienze a livello regionale
Regione Emilia Romagna, di Maurizio Pozzi e Angela Bovina
Regione Sicilia, di Virgilio Bellomo
Provincia Autonoma di Trento, di Silvio Fedrigotti
Esperienze a livello comunale
Comune di Salerno, di Valeria Porcu
Comune di Padova, di Valeria Porcu
Introduzione
Uno dei problemi-chiave che, se risolto, può favorire lo sviluppo qualitativo delle organizzazioni – siano esse pubbliche o private – è disporre di un buon tessuto dirigenziale. È, infatti, la dirigenza a costituire lo snodo essenziale tra la parte politica (in senso stretto per le istituzioni e in senso lato per i soggetti privati) e il corpo organizzativo, deputato a gestire l'attuazione concreta delle scelte effettuate a livello strategico.
La filiera decisionale (“testa” politica, dirigenza amministrativa e “macchina”) ha una sua logica di equilibrio interna che ha bisogno di essere garantita e costantemente mantenuta. Nel tempo si sono evidenziate, invece, pericolose oscillazioni che hanno concorso a spostare il baricentro ora verso la parte bassa (con il crescente peso del ruolo sindacale, specie nel pubblico impiego), ora verso la parte alta (con una spiccata spinta verticalizzante che ha avvicinato dirigenza e politica, soprattutto con l'estendersi dei meccanismi dello spoils system, invadendo il fondamentale spazio di autonomia della prima).
Oggi invece sembrano incrociarsi sia l'una che l'altra tendenza sino al punto di aver maturato nella cultura collettiva un'esplicita volontà di reazione: si avverte, infatti, l'esigenza di rimettere in gioco le diverse componenti della filiera, garantendone ad un tempo separazione e collaborazione, superando la fase delle reciproche invasioni di campo che hanno distorto via via la normale fisiologia del sistema.
La dirigenza costituisce quindi il punto nodale di questo nuovo equilibrio, purché non si perpetuino schemi e meccanismi ormai obsoleti. Un punto nodale che non può prescindere, nel pubblico come nel privato, da un sistema di valutazione delle prestazioni che consenta di verificare i risultati ottenuti sia in termini quantitativi che di qualità.
Valutare le prestazioni della dirigenza ha infatti un duplice effetto positivo. Da un lato contribuisce a rendere maggiormente identificabile il suo ruolo tracciando confini più precisi sia rispetto alla politica che all'azione sindacale. Dall'altro, proprio attraverso un'adeguata misurazione delle performance, rende più esplicita la coerenza tra gli input della politica e gli output di cui possono beneficiare cittadini, imprese e istituzioni.
Se accettiamo questi presupposti, è certamente rilevante il portato delle esperienze compiute e il bagaglio tecnico e metodologico che le ha sorrette. A monte non si può tuttavia prescindere da un quadro normativo adeguato che sappia cogliere sia le esigenze di organicità che il sistema pubblico deve garantire al suo interno, sia la complessità e la delicatezza dei suoi rapporti con l'esterno.
In questa prospettiva, l'attenzione sulla valutazione si è rafforzata di recente con l'approvazione della Legge n. 15 (meglio conosciuta come “Legge Brunetta”) e del relativo Decreto Legislativo di attuazione n. 150, entrambi del 2009. Il Decreto legislativo, in particolare, copre un'area molto ampia di tematiche afferenti in forme diverse all'universo decisionale della dirigenza, dalla trasparenza al processo sanzionatorio, dagli incentivi alla contrattazione collettiva. Ma è probabilmente sulla valutazione dei manager pubblici che si concentrano alcune delle principali innovazioni introdotte dal legislatore. Il ritorno su larga scala dell'enfasi sulla necessità di verificare in maniera e misura più adeguate il complesso lavoro svolto dai dirigenti e il severo legame costruito dai provvedimenti “Brunetta” tra valutazione della performance dirigenziale e premialità si inseriscono, peraltro, in un momento in cui l'attenzione più generale alle questioni della valutazione si è espressa in più ambiti del sistema pubblico. Basti qui citare le due Direttive del Presidente del Consiglio dedicate all'Analisi di impatto della regolamentazione (Air) (Dpcm n. 170 del settembre 2008) e alla Verifica di impatto della regolamentazione (Vir) (Dpcm n. 212 del novembre 2009).
Altra norma di rilievo è l'articolo 39 della Legge 196 del 2009 che, nell'ambito della riforma delle regole di contabilità e finanza pubblica, introduce i Nuclei di analisi e valutazione della spesa.
Questo solo per rendere conto che l'attenzione alla valutazione è oggi un'esigenza centrale e trasversale a più livelli delle Amministrazioni Pubbliche.
Più in dettaglio, le finalità del Decreto 150 sono ampie e composite e riguardano (art. 1, comma 2) “una migliore organizzazione del lavoro, il rispetto degli ambiti riservati rispettivamente alla legge e alla contrattazione collettiva, elevati standard qualitativi ed economici delle funzioni e dei servizi, l'incentivazione della qualità della prestazione lavorativa, la selettività e la concorsualità nelle progressioni di carriera, il riconoscimento di meriti e demeriti, la selettività e la valorizzazione delle capacità e dei risultati ai fini degli incarichi dirigenziali, il rafforzamento dell'autonomia, dei poteri e della responsabilità della dirigenza, l'incremento dell'efficienza del lavoro pubblico ed il contrasto alla scarsa produttività e all'assenteismo, nonché la trasparenza dell'operato delle amministrazioni pubbliche anche a garanzia della legalità.” Una pluralità di fini che può essere sintetizzata nella ricerca di standard più elevati nella fornitura e nella qualità dei servizi resi dalla Pubblica Amministrazione ai cittadini. In tal senso, obiettivi quali “il riconoscimento dei meriti e demeriti” o “l'incremento dell'efficienza del lavoro pubblico” possono essere quindi considerati di per sé traguardi molto ambiziosi ma strumentali rispetto all'obiettivo più generale di un salto di qualità degli output delle Pubbliche Amministrazioni.
Si tratta, in sintesi, di avvicinarsi a quella cultura o logica del risultato rispetto alla quale le pratiche della valutazione, intese in senso lato, sono in grado di offrire ai cittadini maggiore trasparenza sull'effettivo operato delle strutture pubbliche e concreti elementi per giudicare con maggiore precisione prodotti ed esiti dell'attività amministrativa.
È tenendo conto di questi ambiziosi scenari, che vanno garantite alcune condizioni essenziali ai fini di una piena attuazione del Decreto 150. Più in particolare, il successo della riforma si regge sulla capacità di misurare in modo rigoroso e non ambiguo la performance dei dirigenti e delle strutture da loro dirette e, parallelamente, su una attenta costruzione della catena degli obiettivi, da quelli strategici fino a quelli di carattere maggiormente concreto.
È appunto l'esigenza di rendere pienamente operativa la riforma a richiedere nella valutazione della dirigenza la rilettura delle esperienze compiute, nei casi di successo come in quelli di insuccesso.
Se le buone regole sono importanti, non è, infatti, di minore rilievo la capacità di riconoscere i problemi e le condizioni che hanno da un lato rafforzato e dall'altro indebolito, e talvolta anche mortificato, questo fondamentale strumento di gestione. Da questo punto di vista assumono un rilievo del tutto particolare quattro esigenze fondamentali.
La prima è la presenza di un preciso ed esplicito mandato da parte della componente politica nei confronti dell'importanza fondante della valutazione, della dirigenza in particolare. Senza una presa di posizione forte e chiara della politica è improbabile che la dirigenza sia motivata o messa nelle condizioni ottimali per utilizzare uno strumento comunque delicato e per molti aspetti impopolare.
In secondo luogo, la necessità di passare da un approccio meramente burocratico, che intende la valutazione come un adempimento in più, ad un approccio culturale che la assuma come strumento essenziale di buona gestione; un passaggio che ha bisogno di gradualità, ma anche della determinazione indispensabile per superare le resistenze al cambiamento che sempre caratterizzano i comportamenti consolidati.
In terzo luogo, è essenziale che il contesto organizzativo in cui la valutazione si colloca sia sufficientemente strutturato e razionale. Risulta di conseguenza fondamentale il controllo di gestione come uno dei principali strumenti operativi per dare alla valutazione i necessari collegamenti con il funzionamento reale dell'amministrazione. Altrettanto fondamentale appare la necessità che i “luoghi” della valutazione che vanno via via nascendo o consolidandosi nelle nostre amministrazioni siano caratterizzati dalla presenza di una pluralità di competenze tecniche, da quelle giuridiche – prevalenti nel nostro contesto amministrativo – a quelle economiche, gestionali, statistiche.
Da ultimo, la rottura dell'autoreferenza su cui poggiano, di norma, i sistemi di valutazione. È vero che molte delle informazioni necessarie per alimentare il sistema sono recuperabili solo all'interno delle strutture direttamente interessate, tuttavia queste informazioni devono essere costantemente confrontate da flussi informativi non dipendenti da logiche interne. Innanzitutto dal prodotto degli indicatori di risultato che si desumono dalle valutazioni di sistema o dalle valutazioni di impatto delle politiche. Si tratta di informazioni anche prodotte all'interno, ma basate su dati oggettivi e validati. In secondo luogo, non meno importante, è ciò che si può raccogliere attraverso le indagini di customer satisfaction. Indagini non di natura complessiva sulla generalità dei servizi, ma segmentate e riferibili ai diversi ambiti di responsabilità (ogni responsabile di servizio deve quindi avere la sua indagine di customer satisfaction). Così facendo si possono ricercare i necessari bilanciamenti tra ciò che viene percepito all'interno e all'esterno delle Amministrazioni.
Se condividiamo questa impostazione, concentrarsi sulla valutazione della dirigenza è l'unico modo per capire se la figura chiave dell'organizzazione amministrativa, la dirigenza appunto, assolva o meno ai suoi compiti fondamentali di buona gestione e quindi di perseguimento di soglie sempre più elevate di efficienza, di efficacia, di economicità e di soddisfazione del cittadino utente.
I crescenti e preoccupanti segni di sfiducia nei confronti di questo istituto vanno di conseguenza colti e considerati, non per archiviare un'esperienza ritenuta fallimentare, ma per rilanciarne i significati, i contenuti tecnici e le modalità operative.
In definitiva, si può affermare che l'ammodernamento dei sistemi pubblici non può prescindere dal ruolo trainante della dirigenza e quindi da un sistema che ne certifichi responsabilità e performance. Una prospettiva che ha bisogno di adeguati approfondimenti tecnici e giuridici che sono stati affrontati nella prima parte del volume; in particolare il riferimento è alla messa a punto di una più adeguata struttura concettuale del sistema della valutazione, ad una riflessione sulle fasi che l'hanno interessata dai primi anni Novanta ad oggi, ad una ripresa delle norme che nel corso del 2009 ne hanno rilanciato l'importanza e l'attualità ed infine ad un'analisi dei nodi da sciogliere per ridare fiducia nella capacità della valutazione di migliorare le performance della Pubblica Amministrazione.
Accanto agli approfondimenti di ordine più generale può risultare utile uno sguardo ad alcune esperienze, riportate nella seconda parte del volume, particolarmente significative. Esperienze che interessano l'amministrazione ai vari livelli, nazionale, regionale, comunale. Non si tratta di un'analisi esaustiva, ed esistono quindi altre esperienze ugualmente valide ed interessanti. Tuttavia, gli approfondimenti di ordine generale unitamente alla presentazione di alcuni significativi esempi di ciò che accade sul territorio nazionale, possono fornire un'occasione in più per riflettere su come sia possibile tradurre il dettato normativo in modifiche concrete della cultura e dei comportamenti che oggi caratterizzano il nostro fare amministrazione. Un'occasione in più anche per individuare le migliori condizioni per una reale ripresa di fiducia nello strumento valutativo.
Il volume è il frutto della stretta collaborazione tra l'università Luiss – Guido Carli di Roma e tsm - Trentino School of Management. La scelta dei temi centrali della ricerca – l'irrinunciabile esigenza di valutazione nel nostro universo amministrativo e l'enfasi sulle condizioni di base per una piena implementazione anche delle riforme più recenti – ha consentito l'incrocio, si spera fruttuoso, di competenze e “storie” professionali e per certi versi anche generazionali molto diverse. I curatori del volume, Mauro Marcantoni e Efisio Espa, hanno maturato le loro differenti esperienze a contatto con le amministrazioni regionali e locali, da un lato, e centrali, dall'altro. Fortunato Lambiase, di formazione economica e autore del corposo capitolo dedicato ai provvedimenti “Brunetta”, ha seguito in stretta prossimità il progressivo maturare e affinarsi della Legge 15 e del D.lgs. 150. Claudia Bugno e Ciro Esposito, autori, rispettivamente, dei capitoli dedicati alle esperienze valutative di due ministeri-chiave come quello dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti, gestiscono in prima persona il processo di adattamento delle loro amministrazioni alle novità introdotte di recente dal legislatore in tema di valutazione e performance, trasferendo nella loro esperienza diretta elementi importanti di razionalità gestionale e manageriale ai quali forse dovrebbero guardare con interesse anche altre amministrazioni. Virgilio Bellomo, ingegnere gestionale per anni a diretto contatto con le aziende private ha vissuto in prima persona per un lungo periodo di tempo l'esperienza dei controlli e della valutazione in una realtà complessa quale quella della Regione Sicilia. Le altre due realtà regionali considerate – la Provincia Autonoma di Trento e la Regione Emilia Romagna – sono state curate dai diretti protagonisti: Silvio Fedrigotti, Dirigente Generale del Dipartimento Personale e Organizzazione della Provincia Autonomia di Trento, e Maurizio Pozzi, Dirigente Responsabile del Servizio Amministrazione e Gestione del Personale della Regione Emilia Romagna. Valeria Porcu, giovane esperta di economia e finanza formatasi alla Luiss, ha avuto la pazienza e soprattutto la meticolosità necessarie per ricostruire le due best practice dei comuni di Padova e di Salerno.
Il “combinato disposto” delle analisi di carattere generale, teorico e istituzionale, e della osservazione ravvicinata dei casi concreti qui presentati mostra, in definitiva, come a favore della valutazione della dirigenza pubblica esistano motivi ben fondati e come tali motivi possano tradursi in esperienze e pratiche concrete. Questo contributo sottolinea inoltre con molta enfasi come il decollo “diffuso” delle pratiche valutative non abbia in sé alcunché di automatico; al contrario, solo una attenta costruzione delle strutture amministrative responsabili della valutazione e una “cura” costante da parte di tutti i soggetti potenzialmente impegnati nei percorsi valutativi (vertici politici, dirigenza apicale, dirigenza in senso lato) del disegno di programmazione degli obiettivi e della sua implementazione può garantire che le ambizioni del legislatore non vadano a chiudersi sterilmente in se stesse così come accaduto anche in un recente passato.
Uno studio condotto da Università Luiss – Guido Carli e da Trentino School of Management
DALLE RIFORME BRUNETTA A UN SISTEMA MERITOCRATICO
- La valutazione della dirigenza pubblica: uno strumento che esige un cambio di cultura e di strumenti, ma anche il ruolo attivo della politica
- Alcuni casi significativi in Italia, dal Trentino alla Sicilia
Roma, 28 aprile 2010
Il volume
Le Riforme Brunetta, introdotte in Italia nel 2009 dalla legge 15 e dal decreto legislativo 150, danno una nuova spinta alla valutazione della dirigenza pubblica. Ma come reagiscono le amministrazioni pubbliche centrali e locali?
La risposta è ambivalente: l'esperienza sul campo non ha dato grandi risultati, ma l'esigenza di valutare non solo le prestazioni della dirigenza ma anche quelle delle amministrazioni, è ormai comunemente acquisita. Le riforme Brunetta spingono questa esigenza a diventare risultato concreto.
I contenuti
Occorre innanzitutto capire perché spesso la valutazione della dirigenza sia stata ostacolata, e rimuoverne le cause.
La ricerca sottolinea il rilievo che in questa prospettiva assumono quattro condizioni oggi carenti: la presa di posizione forte e chiara da parte della politica per motivare e stimolare la dirigenza sull'importanza dello strumento; il passaggio da un approccio burocratico, la valutazione vista come un fastidioso adempimento in più, a un approccio culturale, la valutazione intesa come strumento essenziale di buona gestione; un adeguato contesto organizzativo, visto che una cattiva organizzazione non consente di valutare; la rottura dell'autoreferenza su cui poggiano i sistemi di valutazione, ricorrendo, in particolare, all'opinione dei cittadini/utenti e all'impatto delle politiche.