Lo sviluppo come responsabilità diffusa
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Lo sviluppo come responsabilità diffusa

Primo rapporto sulla classe dirigente in Trentino

Nadio Delai Mauro Marcantoni

Quarta di copertina

Apprezzata, competente e affidabile: è questa l'immagine della classe dirigente trentina così come evidenziato dal parere di autorevoli testimoni della realtà nazionale. L'analisi sul campo fa poi emergere anche alcune zone critiche, come la tendenza ad un controllo eccessivo che alimenta la spinta a “regolamentare” più che la spinta ad “intraprendere”, la presenza di comportamenti ispirati all'eccessiva prudenza e alla lentezza nel prendere le decisioni, la connessa propensione a mantenere un livello elevato di conservazione del sistema. E, ancora, una classe dirigente diffusa ma reclutata in un bacino ristretto, con scarsa presenza femminile, tentata dall'autoreferenza, dall'appiattimento sul livello medio e dalla molteplicità di incarichi.

La buona immagine esterna e la buona autopercezione non eliminano la necessità di cogliere queste zone critiche interpretando il passaggio che va oltre l'attuale stato di maturità e conclude una fase ormai esaurita. Un passaggio che richiede un investimento straordinario, in grado di coinvolgere pubblico e privato incidendo sui meccanismi che generano una classe dirigente “di secondo ciclo”. Una classe dirigente non chiusa in difesa, capace di immaginare il futuro interpretando il nuovo che emerge nelle istituzioni, nell'economia, nella convivenza sociale e rispondendo positivamente alla grande sfida dei rapporti globali.

Angeli Franco

Presentazione, di Lorenzo Dellai

Premessa, di Adriano Dalpez

 

Considerazioni introduttive: lo sviluppo come responsabilità diffusa

1. Una classe dirigente interroga se stessa

2. La tentazione ricorrente dell'autoriferimento

Un territorio molto presidiato, ma anche molto “legato”

Un territorio presidiato, ma anche fortemente criticato

Un territorio presidiato, ma con respiro limitato

3. L'ambivalenza vista dall'esterno

4. La necessità di riconoscere i meccanismi generatori del modello trentino

Un'elevata complessità di presidio

La prossimità e l'accessibilità diretta ai poteri

La resistenza ai processi di verticalizzazione

Il posizionamento sul livello medio

5. Essere classe dirigente di minoranza?

 

1. Il profilo della classe dirigente in Trentino

1.1. L'individuazione di tre fasce di appartenenza

1.2. Una rappresentanza prevalentemente maschile, matura, con elevato livello di istruzione

1.3. Un'espressione fedele del territorio

1.4. Una consistente presenza di incarichi plurimi

1.5. La prevalenza del bacino di reclutamento locale

1.6. L'esperienza pregressa come modalità privilegiata di accesso

 

2. Le opinioni sul posizionamento della classe dirigente in Trentino

2.1. La percezione di una dimensione allargata della élite nazionale

2.2. Una valutazione maggiormente appropriata delle grandezze locali

2.3. Il forte peso dei protagonisti dell'economia rispetto alla politica, a livello nazionale

2.4. Provincia autonoma di Trento e Cooperazione come ambiti che contano di più

2.5. Il ruolo-chiave della formazione sul campo

 

3. Le valutazioni qualitative sulla classe dirigente in Trentino

3.1. Una percezione migliore rispetto a quella nazionale

3.2. Il décalage tra profilo ideale e profilo reale

3.3. Un giudizio equilibrato sulla tendenza al miglioramento e/o al peggioramento della classe dirigente

3.4. Una classe dirigente che accetta maggiormente le proprie responsabilità rispetto a quella nazionale

3.5. L'intreccio perverso tra bacino stretto e competenze ampie come fattore di indebolimento

3.6. I possibili meccanismi di rafforzamento della classe dirigente locale

 

4. Il confronto nei focus group

4.1. Prudenza e avversione al rischio: il focus con i rappresentanti dell'economia

4.2. Rischi di chiusura e iperspecializzazione: il focus con i rappresentanti delle istituzioni

4.3. Più merito, meno cooptazione: il focus con i rappresentanti della cultura

4.4. Formazione e partecipazione per lo sviluppo: il focus con i rappresentanti del sociale

4.5. Molta efficienza e poca creatività: il focus con i rappresentanti della politica

 

5. Uno sguardo dall'esterno

5.1. Mario Balzarini

5.2. Lino Benassi

5.3. Franco Bernabè

5.4. Isabella Bossi Fedrigotti

5.5. Renato Catalano

5.6. Innocenzo Cipolletta

5.7. Daniele Marini

5.8. Reinhold Messner

5.9. Roberto Nicastro

5.10. Agostino Peroni

5.11. Gian Enrico Rusconi

 

6. Note di commento sui risultati della ricerca

6.1. Le componenti di genere della classe dirigente in Trentino, di Mariangela Franch

6.2. Formare la classe dirigente nel tempo dell'incertezza, di Umberto Martini

6.3. Apprendere sul campo: la formazione della classe dirigente in Trentino, di Carlo Borzaga

6.4. Localismo e apertura verso l'esterno, di Paolo Collini

6.5. Abbiamo una classe politica adeguata? di Marco Brunazzo

6.6. La dirigenza della pubblica amministrazione, di Silvio Fedrigotti

 

Allegati

1. La metodologia utilizzata

2. Le tabelle di dettaglio

COMUNICATO STAMPA PRESENTAZIONE RICERCA 2007

 

Il primo Rapporto promosso da tsm-Trentino School of Management

LA CLASSE DIRIGENTE TRENTINA?

CAPACE ED EFFICIENTE, MA ANCHE AUTOREFERENZIALE E POCO INNOVATIVA

Un'ampia analisi attraverso questionari, focus group e interviste a testimoni esterni

 

La classe dirigente in Trentino si caratterizza per l'affidabilità, la forte attenzione per il territorio, la competenza e la preparazione. Tuttavia, in generale, tende ad appiattirsi su un livello socio-culturale medio, non lascia spazio a giovani e donne, e soffre di un'eccessiva autoreferenzialità, dettata anche dall'età media piuttosto avanzata, che la porta a prediligere meccanismi di cooptazione nella selezione e a attribuire un peso maggiore alla formazione sul campo, piuttosto che alla preparazione universitaria. È quanto emerge, in sintesi, dal “Primo rapporto sulla classe dirigente in Trentino. Lo sviluppo come responsabilità diffusa”, promosso e redatto all'inizio di quest'anno dalla TSM - Trentino School of Management sulle posizioni direttive ai vertici in Trentino, in analogia con un'indagine condotta recentemente dalla Luiss (Generare Classe Dirigente, 2007).

Il rapporto si propone di tracciare il profilo della classe dirigente e di individuarne le caratteristiche predominanti nell'ambito provinciale, partendo da un'indagine sul campo (attraverso la somministrazione di 245 questionari e l'organizzazione di cinque focus group tematici) e integrandola con la testimonianza di autorevoli “osservatori esterni”.

 

La mappatura della classe dirigente

L'indagine si è concentrata su 800 nominativi, selezionati tra le 1.250 posizioni iniziali escludendo i casi di conteggio doppio, dove c'erano cioè persone che avevano più posizioni censite. Otto i comparti presi in esame: mondo dell'economia (292 posizioni censite), pubblica amministrazione locale (138), pubblica amministrazione centrale (45), università e ricerca (35), personale eletto nelle istituzioni (politici, 65), associazioni di rappresentanza (136), settore sociale (78) e mass-media (11).

Per ogni comparto sono state individuate tre fasce di riferimento, per precisare meglio il posizionamento al vertice: la fascia dei leader (182), la fascia dei vertici operativi di organizzazioni importanti e vertici apicali di quelle meno importanti (284) e la fascia dei dirigenti, di chi occupa ruoli operativi e dei rappresentanti delle istituzioni minori (334). Significativo il dato di confronto fra il settore privato, che registra una prevalenza di posizioni (517) concentrate però nelle ultime due fasce, e quello pubblico, meno numeroso (283) ma con il maggior numero di presenze nella fascia principale.

 

Caratteristiche generali

Con il 92,1% di uomini contro il 7,9% di donne, la classe dirigente trentina è quasi esclusivamente al maschile. Il dato che emerge dal rapporto deve certamente avviare una riflessione sul tema, anche se non si discosta dalle indicazioni che emergono a livello nazionale. Da rilevare che, pur in possesso di un più elevato livello di istruzione rispetto agli uomini, le donne al vertice (di età media compresa tra i 31 e i 40 anni) si concentrano maggiormente nelle fasce di livello inferiore, affermandosi con maggior facilità nel pubblico (9,6%) piuttosto che nel privato (6,4%).

Quella trentina è una classe dirigente che stenta ad aprirsi al rinnovamento: lo dimostrano i dati relativi alla classificazione per fasce di età. Ben il 62,7% dei dirigenti ha infatti più di 50 anni, mentre soltanto il 6,6% ha meno di 40 anni (con la maggioranza nel settore privato).

Buono invece il livello di istruzione medio con il 64% dei dirigenti in possesso della laurea (di cui il 10,7% ha una specializzazione post laurea).

L'analisi del fenomeno delle responsabilità plurime mostra che la maggioranza degli intervistati (51,6%) occupa più di una posizione di responsabilità. In particolare il 20% occupa due posizioni, il 12 % tre posizioni, l'8% quattro e il rimanente 10% più di quattro.

 

Dinamiche di formazione e reclutamento

Per quanto riguarda le dinamiche relative al reclutamento, il 73,2% dei dirigenti è di provenienza trentina, anche se nella prima fascia, quella dei leader, è accentuata la presenza di soggetti provenienti dall'esterno del territorio provinciale. Nel reclutamento, il fattore “attività svolta in precedenza” gioca il ruolo principale, soprattutto per quanto riguarda il settore imprenditoriale e professionale: (48,5%). In Trentino, insomma, appare diffusa la convinzione che la classe dirigente si selezioni e si formi essenzialmente sul campo.

Il fattore della formazione è importante soprattutto per le donne e per i dirigenti della terza fascia. Il sistema di relazioni attivate sul territorio svolge un ruolo più importante per gli appartenenti alla prima e seconda fascia.

E' interessante a questo proposito verificare l'opinione degli intervistati per quanto riguarda le modalità di selezione e di formazione della classe dirigente trentina. Per la maggior parte dei soggetti avvicinati (60,2%) la classe dirigente locale si forma sui “banchi” della Cooperazione, in particolare in un ambito diffuso, vale a dire sul territorio: al secondo posto, per ordine di importanza, la formazione sul campo, al terzo l'università.

 

Chi conta di più? “Le cariche elettive”

Un aspetto interessante dell'indagine riguarda la percezione, da parte degli intervistati, dell'importanza della posizione ricoperta nella società. Alla domanda : “Chi conta di più?”, la classe dirigente locale ha indicato per primi i politici e le cariche elettive della Provincia autonoma di Trento (91,4%), poi i responsabili della cooperazione (69,9%), in terza posizione le cariche istituzionali dello Stato (60,8%). Al quarto posto imprenditori e manager (56.4%), al quinto la gerarchia ecclesiale (52.2%).

Il dato è significativo, se si considera che la classe dirigente nazionale, così come emerge dall'indagine Luiss, giudica invece più influenti i vertici di banche, istituzioni finanziarie (85,3%), i rappresentanti dei mass media, giornalisti e opinionisti (81,2%), e solo in seguito le cariche istituzionali dello Stato (76,7%). Al quarto posto Associazioni di rappresentanza (66%), al quinto posto gerarchia ecclesiastica (65.2%).

 

Tutti d'accordo: la classe dirigente trentina non è aperta al mondo

Le critiche sulla classe dirigente locale sono molto più contenute rispetto a quanto rilevato verso quella a livello nazionale: ad esempio, solo il 30,6% ritiene che i dirigenti trentini siano troppo vecchi, contro il 71% che pensa che lo siano i vertici nazionali. Quasi tutti d'accordo invece rispetto al localismo: la classe dirigente trentina, secondo l'81,3% degli intervistati, è troppo chiusa in se stessa e non attribuisce il giusto peso alle esperienze formative e lavorative all'estero.

Ma quali sono le qualità che dovrebbe possedere un buon dirigente? A livello ideale si prediligono le doti di visione strategica, la capacità di anticipare e affrontare i problemi, di attuare le decisioni e di innovare, oppure la creatività; mentre, per quanto riguarda la situazione reale, prevalgono invece la capacità di tutelare e promuovere interessi specifici/settoriali, di tessere relazioni importanti nonché l'immagine positiva (la popolarità).

È opinione generale degli intervistati che l'investimento nell'alta formazione può aiutare la creazione di nuova classe dirigente capace di affrontare le sfide del presente.

 

L'analisi degli osservatori esterni: undici testimoni eccellenti

Il Trentino appare ancora come una terra in cui “l'apparato produttivo dovrebbe contare di più e la politica dovrebbe ascoltare di più”, per citare il giudizio espresso da uno dei testimoni esterni, le cui opinioni sono raccolte nell'ultima parte del rapporto: una sezione dedicata a raccogliere le testimonianze di autorevoli osservatori, alcuni di origine trentina, operanti al di fuori del territorio. Gli undici testimoni, scelti in una molteplicità di ambiti (economia, istituzioni, cultura, sport, finanza, ricerca) e intervistati da giornalisti dei media locali, sono stati: Franco Bernabè, Innocenzo Cipolletta, Mario Balzarini, Agostino Peroni, Daniele Marini, Pier Lino Benassi, Roberto Nicastro, Isabella Bossi Fedrigotti, Renato Catalano, Gian Enrico Rusconi e Reinhold Messner.

I testimoni esterni hanno delineato complessivamente, nei loro interventi, un quadro composto di ombre e di luci. La classe dirigente trentina è, nel suo complesso, capace ed efficiente, nonché ben radicata sul territorio, al quale guarda con una marcata attenzione. Si rivela però anche, spesso, troppo autoreferenziale, poco aperta all'esterno, poco incline al rinnovamento. C'è una spiccata capacità di gestire le risorse collettive: ma con alle spalle una vocazione assistenziale che appare talvolta eccessiva. La classe dirigente viene scelta spesso per cooptazione. Ai giovani e alle donne vengono offerte scarse opportunità. Non migliori i giudizi sulla qualità della classe politica, a cui si riconosce il merito di gestire bene le risorse finanziarie, ma a cui si arriva anche ad imputare una “presunzione di autosufficienza intellettuale” e una scarsa capacità di valorizzare i talenti che abbiamo in casa.

Dalle considerazioni raccolte a margine del rapporto emerge un'indicazione precisa sulle caratteristiche che la classe dirigente dovrebbe possedere. Si potrebbe parlare, così, di una “classe dirigente di minoranza”, che dimostri il coraggio di sostenere opinioni magari anche non condivise dalla maggioranza, di possedere la capacità di perseguire innovazione a apertura, di assumere decisioni strategiche, di puntare all'eccellenza. Persone che sappiano dare vita a un contesto innovativo, dunque, pur all'interno di un quadro generale segnato da prassi decisionali faticose e con una spiccata tendenza all'autoreferenzialità. Queste le doti indispensabili per la classe dirigente, che dovrebbe essere incline, per sua natura, a guardare al di là del luogo comune.

 

I focus group e il Comitato tecnico

Particolare attenzione merita infine il lavoro di lettura critica svolto nell'ambito dei cinque focus group attivati (su economia, istituzioni pubbliche, cultura, sociale e politica) a cui hanno preso parte 51 esponenti qualificati, selezionati in base ad alcune caratteristiche: l'appartenenza ai singoli ambiti, l'autorevolezza e la conoscenza delle problematiche della classe dirigente.

I risultati emersi dall'intero lavoro di analisi sono stati ulteriormente sottoposti al commento di un Comitato tecnico, composto dai professori Carlo Borzaga, Marco Brunazzo, Paolo Collini, Mariangela Franch, Umberto Martini dell'Università di Trento e Silvio Fedrigotti della Provincia Autonoma di Trento, che hanno seguito le varie fasi di progettazione del rapporto.

 

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