News/Approfondimenti > 03 luglio 2008

Meme e «complessità». Lo sguardo di Ugo Morelli. Scienza e filosofia al Tsm. «Wor(l)ds», il linguaggio crea mondi

Parliamo di «complessità» e incominciamo da un esempio. Esempio complesso», a cavallo tra una disciplina e l’altra. Lo chiamano «meme». E può anche riuscire difficile comprenderne il significato se non si pensa al contesto originario da cui è mutuato. Meme, semplicemente, è la traduzione libera della nozione di gene, che è in biologia quell’unità che trasmette da un individuo all’altro i caratteri ereditari di una specie.

Ciò detto, riusciamo di qui a definire il meme, sapendo che il salto che dobbiamo compiere è sì un salto semantico in senso stretto ma è anche un salto, come dire, filosofico. E’ la filosofia, infatti, che prende a prestito il termine dalla biologia storpiandolo leggermente. Così leggermente, che il significato cambia appena al di sotto di quel movimento dalla “g” alla “m” che pure in superficie come in profondità mescola di pochissimo le carte. Semplice, quindi, capire ora che nel campo delle scienze umane il termine meme viene usato per definire ciò che si tramanda da una generazione all’altra sul piano culturale. E in questo movimento che è un gioco di linguaggi, biologia e filosofia si toccano dentro la linea di orizzonte comune chiamato conoscenza.

Ma parliamo, appunto, di «complessità». Di una società della conoscenza, quella di oggi, che mette a dura prova la specializzazione dei saperi chiamandoli sempre di più a comunicare fra di loro. “Il nostro problema – spiega Ugo Morelli – è oggi quello ricombinare. Di rompere, cioè, gli orticelli disciplinari e imparare a ricongiungere”. I saperi sono tanti e sempre più specializzati e c’è il bisogno ora più che mai che uno scienziato sappia comunicare col filosofo. “Insegno ai miei studenti – dice sul punto Morelli – la capacità di pensare per produrre dei grandangoli mentali e non dei teleobbiettivi”. Al Tsm (Trentino school of management) il tentativo è proprio questo. “Resistere alla tentazione della iperspecializzazione – dice Morelli, direttore del Master of art and culture management presso l’ateneo di Trento – che premia gli studenti soltanto nel breve periodo”.

Ma continuiamo a parlare di «complessità». Perché l’evento promosso anche quest’anno da Tsm – Complessità. Wor(l)ds. Il linguaggio crea mondi – si occupa precisamente del dialogo fra scienza e filosofia nel “tentativo – riprende Morelli – di mettere a fuoco le questioni più rilevanti dell’esperienza estetica”. L’iniziativa è in programma nelle giornate di domani e dopodomani al Museo tridentino di scienze naturali e si struttura in tre forum. Il primo, domani alle 16, sul tema di Arte e scienza: un linguaggio comune?. Il secondo e il terzo, fissati per dopodomani alle 10 e alle 14.30, su Espressioni a confronto – Incontro d’espressioni e su L’io insalvabile. Identità come narrazioni.
Tra gli argomenti affrontati durante il seminario, particolare attenzione riceverà l’ultimo libro di Aldo Giorgio Gargani – Raffaello Cortina editore, Milano 2008 – su Wittgenstein. Musica, parola, gesto. Protagonisti dell’evento Complessità sono gli studenti, ma tra i relatori dei forum saranno presenti, oltre Gargani, studiosi di aree disciplinari differenti dalle Università di Pisa, Parma, Venezia e Genova.
E a testimonianza dell’intreccio di arti e saperi che promuovono gli studenti di Morelli, tra gli eventi collaterali ci sono mostre d’arte, performance di danza e concerti di musica jazz. La stessa cornice del museo di Trento di scienze naturali, in tema di confronto fra saperi e contaminazioni, non è casuale. Per esempio, “se noi dobbiamo parlare di identità – questo il punto di vista degli studenti che partecipano all’evento – ne parliamo da un punto di vista antropologico, filosofico, scientifico e artistico”. Anche l’arte è del resto sullo sfondo. “L’arte – spiega Morelli – è ciò che ci consente di rompere le semiosi dominanti. Se la scienza è ciò che in un certo senso ci conferma il mondo, l’arte è invece ciò che può permetterci di rompere i paradigmi. Questo è ciò che io mi aspetto dall’arte contemporanea. E con l’espressione “il linguaggio crea mondi” noi abbiamo la possibilità di fare proprio questo”.Ma parlavamo prima di «complessità». Di una società della conoscenza che, con Morelli, deve “rompere gli orticelli disciplinari” per coltivare in un unico recinto le radici e i frutti dei saperi tutti. Di modo che, dentro a quel codice di informazioni che qualcuno tra i filosofi ha chiamato meme, cominci a tramandarsi da una generazione all’altra sul piano culturale il segno, guarda caso, della «complessità».
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