News/Approfondimenti > 04 luglio 2008

Un lampo nel buio, una ferita nel senso. Risonanza e espressivismo nell’emergenza dell’esperienza estetica

di Ugo Morelli

La continuità della ricerca avviata con il ciclo di incontri ispirati all’orientamento epistemologico della complessità si evolve quest’anno verso una approfondimento del dialogo tra scienza e filosofia nel tentare di mettere a fuoco le questioni più rilevanti riguardanti l’esperienza estetica.

Lo studio dell’esperienza estetica esige un approccio transdisciplinare e, in particolare, una costante fecondazione reciproca tra scienza e filosofia. Già nelle edizioni precedenti abbiamo cercato di tenere presente l’esigenza di sviluppare una neurofenomenologia dell’esperienza estetica, nel tentativo di comprendere per via naturale questo aspetto peculiare dell’esperienza umana, integrando i risultati delle neuroscienze con quelli degli approfondimenti filosofici riguardanti il senso e il significato in prima persona dell’esperienza estetica. Integrazione quanto mai necessaria per provare a superare i limiti del dualismo e affermare un approccio basato sul naturalismo pluralista.

Il ponte tra i microprocessi neurofisiologici e l’emergenza dell’esperienza con i suoi tratti di unicità irriducibile, sia nella creazione che nella fruizione estetica, è stato e rimane il “luogo” di attenzione del nostro lavoro.

Il tema della quinta edizione del seminario di studio organizzato dal Master of Art and Culture Management riguarda l’approfondimento dei processi di risonanza e l’analisi dell’espressivismo nell’esperienza estetica. La fondamentale scoperta dei processi naturali di risonanza empatica nelle relazioni interpersonali può essere messa in rapporto con la conversione grammaticale di questioni di carattere psicologico e di carattere ontologico portata avanti dalla filosofia a partire da Wittgenstein fino ai contributi più recenti di un importante nucleo di filosofi americani e, in Italia, di Aldo Giorgio Gargani.

Si tratta di cercare di valorizzare la svolta impressa da Ludwig Wittgenstein nella sua grammatica filosofica, ponendo l’espressivismo linguistico al posto dell’epistemologia, mediante un dialogo serrato con la scoperta della dimensione naturalmente relazionale e situata della nostra individuazione e della nostra esperienza.

Se l’enigma dell’esperienza è che essa risulti esprimibile, ciò è possibile perché l’esperienza risuona; se non risuonasse prelinguisticamente probabilmente noi non potremmo esprimerla nei giochi linguistici.

Sostenere che l’esperienza risuona non vuol dire che ciò avvenga nel senso dei due tempi: prima risuona e poi la esprimo; prima la sento e poi la dico; ma nel senso che la dicosento.

Su questi temi la ricerca più recente di Aldo Giorgio Gargani ha raggiunto un apice con il recente libro: Wittgenstein. Musica, parola, gesto, Raffaello Cortina Editore, Milano 2008. Allo stesso tempo la ricerca di Vittorio Gallese ha condotto alle applicazioni della scoperta decisiva dei neuroni specchio che consente per la prima volta di comprendere la connessione tra un’azione e la sua comprensione, fino a cercare di analizzare il rapporto tra un atto creativo e le emozioni e i significati che esso genera.

Sembra che la direzione impressa all’analisi del nostro tema, l’esperienza estetica, possa ricavare ulteriori contributi dal tentativo di restituire naturalezza, estetica e bellezza alla conoscenza, liberandola dai “crampi” della metafisica.

Se poi ci spostiamo sugli aspetti liminali e distintivi della conoscenza come l’esperienza estetica, quelli per i quali non esistono regole predefinite, ritroviamo in un’affermazione di Gargani un aspetto decisivo dell’ipotesi intorno a cui conviene lavorare: “L’aspetto più originale dell’opera di Wittgenstein (…..), scrive Gargani, “consiste appunto nella concezione di significati nuovi, unici, individuali per i quali non esiste una regola prefissata” (p. 16).

Si sente qui la distinzione sottile e profonda con cui ci facciamo umani, il nostro “margine”, affacciati sulla vertigine della nostra autofondazione.

Occuparsi dell’esperienza estetica vuol dire considerare la dimensione distintiva per cui diveniamo umani. Ciò avviene, con ogni probabilità, mentre concepiamo e creiamo l’inedito, l’unico, non per processo basati su regole ma per la capacità di interrompere il flusso del senso, per una esplosione di luce nel buio della continuità, per una sospensione provvisoria della coincidenza con l’esistente.

La nostra espressione genera l’inedito imprevedibile e quest’ultimo viene ricreato e riconosciuto nelle risonanze relazionali da chi ne fruisce, sia musica, sia gesto sia parola.

L’esperienza estetica è un tratto distintivo e peculiare della nostra evoluzione, la cui comprensione richiede impegno e ricerca. Questo quinto seminario che muove dall’orientamento epistemologico della complessità per comprendere l’esperienza estetica intende contribuire allo sviluppo di quella ricerca.

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