News/Approfondimenti > 19 settembre 2015

Diamanti legge la crisi della società atomizzata «Senza comunità la complessità diventa sfiducia»

Corriere del Trentino

Il sociologo: «Ricostruire i partiti, politica screditata». Rossi: «Da noi è diverso»

Trento «Stiamo diventando una società di individui soli. Uomini soli, anche se siamo insieme». Ilvo Diamanti, tra i più noti sociologi e politologi italiani, fondatore dell'Istituto di ricerca Demos, parte da qui per descrivere ciò che non va nella contemporaneità italiana. Lo fa intervenendo a Trento, al secondo incontro del ciclo «Un nuovo management pubblico come leva per lo sviluppo» pensato dalla Tsm (Trentino School of Management) per fare luce sulle sfide che attendono la classe dirigente. 


Una riflessione, la sua, che nasce dall'evidenza dell'abitare non in una, ma in tre «Italie»: il Nord Ovest, con le pulsanti metropoli e le grandi industrie, il Meridione, ancora una volta simbolo dell'assistenzialismo e il Centro-Nord Est, cuore delle Pmi e di quella che un tempo era considerata la culla dell'ita¬lianità. «Da Trento a Firenze -ricorda il professore -- gli italiani mettevano sul podio dei valori più importanti: la famiglia, l'arte di arrangiarsi e la creatività. Esattamente quelle stesse condizioni che hanno dato vita alla piccola e piccolissima impresa». «Condizioni -riprende -- che oggi sono state erose dalla crisi economica e dalla virtualità: crediamo di essere più vicini, in realtà siamo molto più distanti di prima, cerchiamo di riempire le piazze, ma ci ritroviamo a dover gestire un pugno di folla». Non è un caso, infatti, che la società sia caduta in frantumi coltivando un (misero) 30% di fiducia verso le amministrazioni comunali, 20% verso quelle regionali e appena il 3% nei confronti della politica, tutta, vissuta come distante e poco interessata alla comunità. «Non solo: il 70% degli italiani è convinto che l'altro, lo sconosciuto, sia nato apposta per fregarlo, per metterlo all'angolo -- rincara il sociologo -- Ed ecco che quando questa dimensione di prossimità viene meno, l'avanzata della cosiddetta anti-politica è facilitata: penso alla Liga Veneta, ad esempio, e a come anni fa è riuscita a insinuarsi proprio nel Nord Est, sostituendosi alla vecchia De». Riflessioni, queste, condivise solo in parte dal governatore della Provincia, Ugo Rossi: «Sono abbastanza certo che la politica del nostro territorio faccia eccezione: siamo molto vicini alla nostra gente, la incontriamo per strada, nelle piazze. E quanto al Carroccio, abbiamo dimostrato, proprio in Trentino, che un'alternativa alla Democrazia cristiana è possibile, anche senza passare dalla Lega». Ma, comunque la si pensi, il dirigente pubblico, oggi, più di ieri è chiamato a una rivoluzione: «Chiediamo apertura, inclusività, ricerca della diversità -- ha precisato Rossi -- Dirigenti che coltivino il senso di appartenenza alle istituzioni e operino per ottenere risultati concreti sapendo che saranno chiamati a fare delle scelte di responsabilità». E al senso di responsabilità del management della pubblica amministrazione fa appello, infatti, anche Nadio Delai, sociologo, presidente della società di ricerca Ermeneia con un passato da dirigente al Censis, in Rai e alle Ferrovie dello Stato. «Un ciclo è finito, la crescita non sarà più galoppante, alcune imprese continueranno a restare ai margini, altre invece faranno il grande salto. Un buon dirigente è colui che sa prevedere e gestire tutto questo con coraggio, tenacia e generosità -- spiega -- La classe dirigente deve saper interpretare la società, avanzare proposte e generare nuovo consenso. Perché solo riammettendo la dimensione sociale all'interno delle analisi economiche, possiamo sperare in un futuro». 


Ecco, dunque, che l'infinita complessità degli orientamenti culturali, comunitari e politici del Paese, si risolve con la riscoperta dei suoi meccanismi sociali originari: «Ricostruiamo i partiti: torniamo ad aggregare pensieri e individui, non accontentiamoci della guida ad personam -- conclude Diamanti -- Senza la comunità la complessità diventa sfiducia. E penso, che a tutto questo non dovremmo rassegnarci, mai».

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