News/Approfondimenti > 10 maggio 2009

Nicastro: dalla crisi si uscirà nel 2010

Il numero 2 di Unicredit alla presentazione del libro pubblicato dalla tsm

Roberto Nicastro, classe 1964, ha lavorato alla Salomon Brothers di Londra (oggi Citigroup) e da McKinsey & Company. Entra nel mondo bancario con Credito Italiano nel 1997. Nel 2000 è già responsabile della divisione «Nuova Europa» del gruppo Unicredit. Oggi è deputy Ceo del gruppo con la responsabilità sulle divisioni retail, Europa centro-orientale e Polonia e sulla direzione Household Financing

Si chiama «Profili Protagonisti» ed è una nuova collana che la Trentino School of Management dedica ai manager di successo. «Nicastro è uno che non fa parte dello star-system e non indulge a farsi pubblicità, ma lavora» ha detto introducendolo il direttore di Tsm Mauro Marcantoni. E lui: «Vado orgoglioso dell'insegnamento che viene dall'esser nato e cresciuto in Trentino: è una terra che premia chi fa e non chi parla».

È il «numero 2» di Profumo. Ricorda con piacere di aver studiato ai «polentoni» e di aver fatto il dj, ma dopo il liceo è andato alla Bocconi e poi a Londra. Roberto Nicastro (foto) oggi è ai vertici di Unicredit, gruppo nato dalla fusione di 7 banche leader, con 40 milioni di clienti in 23 Paesi, 9.000 sportelli, 170.000 dipendenti. Il segreto per vincere? «Avere un po' di strabismo: guardare vicino e lontano. Non guardare solo al tornaconto ma alle possibilità di crescere. Il successo viene da un mix: la fiducia che hanno di te clienti, colleghi, collettività e azionisti». Alla Trentino School of Management, che gli ha dedicato un libro presentato ieri al Centro congressi di Sardagna, Nicastro ha offerto la propria storia e una visione del mondo. Unicredit è prima nel Centro Est Europa. A diventar troppo grandi non si rischia di perdere l'identità? È un rischio reale, la sfida è diventare come il centauro: mezzo uomo e mezzo cavallo. Riuscire cioè a guardare ai mercati (che corrono) e alle relazioni con il cliente (che restano). Una banca forte serviva alle imprese italiane all'estero. Pensate di esserci riusciti? Essere forti in Bulgaria come a Falcade o Cles è la nostra sfida e la monitoriamo costantemente, con la customer satisfaction. Questa crisi, ha portato con sé una buona dose di diffidenza verso il sistema bancario. Ci dica: come se la passa quello italiano? È senz'altro più solido rispetto ad altri paesi. La crisi c'è, ma è «anche» finanziaria. Dimentichiamo che i cicli economici di crescita durano 7/8 anni ed eravamo al quindicesimo consecutivo... Quindi doveva arrivare. Però nessuno l'ha prevista o si è attrezzato. In realtà l'Italia sta rispondendo meglio di altri paesi. Ci spiega perché in due parole? Per tre fattori: la presenza di piccole imprese che magari sono meno veloci a crescere, ma più flessibili nel gestire le difficoltà rispetto ai grandi gruppi, per la presenza di un sistema bancario sano e grazie a un made in Italy che si era già riqualificato e quindi non era impreparato. Se la crisi fosse arrivata tre anni fa era molto peggio. La proliferazione di sportelli bancari è motivata? È causa o ha a che fare con la crisi? La proliferazione giova al consumatore e c'è stata in tutti settori: dai centri commerciali alla telefonia. In realtà c'è un rallentamento di sportelli. Ma non le sembra un panorama un poco affollato? Credo che sì, effettivamente, ce ne siano troppi. Ma diminuiranno: è lo stesso trend tecnologico a determinarlo. Diminuirete anche voi in Trentino? Marginalmente sì. Abbiamo già snellito il sistema, ma dovrà farlo anche qualche concorrente locale. Il trend è lento, ma porta… fuori della banca. È faticoso operare in un settore dove dominano le Casse Rurali? Siamo assolutamente complementari l'uno all'altro. Che cosa pensa della sfida Fiat? Sta cercando di tradurre la crisi in opportunità, un modo giusto di agire in economia. L'auto è il settore che accusa la peggiore crisi degli ultimi decenni. Fiat reagisce bene perché si era già ristrutturata. Le crisi facilitano le operazioni di acquisizione o fusione sotto la spinta dell'emergenza e i governi sono anche disposti a investimenti. Fiat sta quindi operando da imprenditore. La crisi c'è, ma si dice che il peggio è passato. È proprio così? Io sono convinto che dalla crisi usciremo l'anno prossimo, che non durerà cinque anni, però ne usciremo crescendo meno. In soli due mesi è cambiato l'umore: dalla paura di una depressione giapponese a un atteggiamento più sereno. Ciò non deve creare facili illusioni. Credo che ci saranno alti e bassi da qui al 2010. 

[Corona Perer]


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