Famiglia bene comune
Lavorare sul riconoscimento e sul sostegno del ruolo sociale della famiglia per progettare interventi che rafforzino le politiche familiari come politiche di connettività tra settori istituzionali, reti pubbliche e private e comunità. Ma anche per adottare una serie di parametri valutativi condivisi in un'ottica di family mainstreaming. È questo il tema su cui si sono confrontati alcuni esperti e studiosi italiani nel corso del seminario di apertura, ideato da Tsm-Trentino School of Management, del Festival della Famiglia 2022.
“Crediamo fortemente – ha detto in apertura l'assessore provinciale alla salute, politiche sociali, disabilità e famiglia, Stefania Segnana, che le politiche familiari debbano essere strutturalmente integrate e trasversali al contesto sociale. Siamo arrivati all'undicesima edizione di questo Festival a dimostrazione di quanto in Trentino il tema sia sentito. La Giunta provinciale ha posto, fin da subito, la famiglia al centro delle proprie politiche impegnandosi in particolar modo per contrastare il tema della denatalità, che è il problema più urgente che dobbiamo affrontare. Servono misure che sappiano guardare al futuro, ma anche ai bisogni immediati delle famiglie. Su questo lavoriamo con l'Agenzia per la coesione al fine di promuovere la crescita del benessere sociale e familiare, nella convinzione che questo torni poi a vantaggio dello stesso territorio, rendendolo più coeso e più dinamico".
Pierpaolo Donati, professore Alma Mater (PAM) di Sociologia dei processi culturali, ha definito la famiglia come un “bene comune” in quanto sorgente di beni relazionali per sé stessa e per la comunità. Il Trentino - ha detto - è una rete di comunità locali co-ordinate dall'ente provinciale, che sfugge alla radicalizzazione della dialettica pubblico-privato perché l'elemento comunitario persiste come sintesi di un bene comune, che connette “relazionalmente” pubblico e privato. La società globalizzata richiede sempre di più, e non sempre di meno – ha aggiunto – il molteplice ruolo di mediazione che la famiglia è chiamata a svolgere per far fiorire le virtù personali e sociali. La mediazione famigliare non è una relazione né privata né pubblica, ma è comunitaria. La legislazione è chiamata a riscoprirlo”.
“Occorre agire in una logica intersettoriale, integrando ambiti d'intervento e professionalità - ha evidenziato la professoressa Elisabetta Carrà, ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, presso la Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Bisogna promuovere la costituzione di reti e partnership a livello territoriale e la creazione di reti tra persone e famiglie, nell'ottica della community care. Inoltre, - ha aggiunto – occorre proteggere e valorizzare le relazioni comunitarie che rappresentano le condizioni fondamentali per una sostenibilità, anche economica, delle politiche e la continuità dei servizi nel tempo.
Luciano Malfer, dirigente generale di Agenzia per la coesione sociale, autore, insieme a Michele Dorigatti, del libro “Politiche familiari, coesione sociale e benessere”, ha evidenziato il ruolo della famiglia come attivatore di coesione sociale, rimarcando l'importanza di considerare la famiglia non più come un soggetto passivo del sistema economico, da aiutare, ma un soggetto attivo del sistema socio-economico da sostenere in relazione agli effetti positivi che può scatenare. Per far questo – ha aggiunto – occorrono metodologie e impianti normativi basati su una coraggiosa creatività istituzionale e legislativa come è avvenuto in Trentino dove negli ultimi 10 anni il numero di famiglie con 3 o più figli è cresciuto del 35%.