News/Approfondimenti > 29 gennaio 2024

Nuove competenze per orientare al lavoro

Si è snodato lungo il corso di tutto il 2023, con incontri realizzati a cadenza mensile, il percorso volto allo sviluppo del ruolo manageriale dei responsabili dei Centri per l'Impiego del Trentino, messo in campo dall'Unità lavoro scuola e welfare di Tsm. Un percorso che si inserisce all'interno del più ampio progetto di formazione continua che Agenzia del Lavoro, con il programma LaRes di Tsm, sviluppa da anni per favorire la crescita e lo sviluppo delle competenze manageriali. Sul tema, Gabriella De Fino, referente dell'Ambito Lavoro di Tsm, ha intervistato Daniela Del Colle, consulente, formatrice e collaboratrice del Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione dell'Università Milano – Bicocca.

“Da circa tre anni lavoriamo – spiega Daniela Del Colle – a questo progetto con i responsabili dei Centri per l'Impiego che si sono messi in gioco con una significativa disponibilità, sviluppando uno sguardo sempre più manageriale del ruolo. Questo atteggiamento è stato fondamentale per accompagnare la crescita di un ruolo gestionale complesso come questo: una doppia anima, amministrativa e di presa in carico, spesso appassionata. Uno snodo tra potenzialità del territorio, partnership e bisogni dell'utenza; uno stretto legame con gli impatti sensibili che le normative locali e nazionali, in costante cambiamento, hanno sul sociale (vedasi il programma GOL nato dal PNNR), una prospettiva di primo piano sul mondo del lavoro e le sue trasformazioni. E, ancora, le molteplici sfide organizzative. Il percorso formativo è stato dunque un incontro con professionalità abitate da esperienze, competenze e passione. 

Come è stato costruito questo percorso così complesso e sfidante, quali sono stati le scelte metodologiche? 

Il percorso di sviluppo ha lavorato sull'identità di ruolo dei responsabili, per stimolarne una maggiore consapevolezza sulle complessità e sulle competenze utili a gestirla, cercando anche di aiutare a mettere a fattor comune i diversi sguardi, sia nel gruppo che nell'organizzazione. In assonanza con questa complessità, è stato deciso di proporre una pluralità di voci che mettesse il gruppo a confronto con una differenza di contributi, stili e competenze. Oltre al mio personale apporto sono stati coinvolti altri professionisti, quali Paolo Magatti, Simona Deiana, Luca Fornari e Piero Ciferni. Tutti loro, portando esperienze che arrivano sia dal mondo della consulenza che da quello delle realtà multinazionali, hanno favorito la varietà e ricchezza del dialogo, dello scambio e degli approfondimenti tecnici. Si è lavorato su due livelli: quello del ruolo e quello del gruppo e sono state utilizzate due metodologie: quella del workshop tematico e quella del laboratorio degli autocasi. Il risultato è stato un attraversamento che ha consentito la condivisione di un'immagine più definita e articolata del ruolo e una maggiore consapevolezza di sé e del potenziale del gruppo.

In questo percorso formativo il gruppo è stato sia un obiettivo che, in qualche modo, uno “strumento” di lavoro. Vuoi dirci qualcosa di più su questo?

Come è noto, sul “gruppo” c'è molta retorica. Il valore del gruppo è un grande potenziale che non sempre si realizza e non sempre si realizza spontaneamente. Una buona integrazione del gruppo è messa a dura prova dalle nuove forme del lavoro, dalla distanza, dalle sfide e dai cambiamenti costanti e da un nuovo senso del lavoro di cui vediamo forme e sintomi, ma su cui siamo lontani dal trovare un pensiero compiuto. Per questi motivi i gruppi possono fare più fatica a realizzare a pieno le loro progettualità. Possono anche aver bisogno di momenti dedicati all'elaborazione di sintesi tra le parti che li compongono per condividere un senso significativo del fare e dello stare insieme.

Il lavoro vive dunque una grande trasformazione ed è cambiato anche il modo di intenderlo da parte dei lavoratori?

Chiunque si occupi di lavoro oggi è protagonista di una scena in trasformazione. E come accade in queste situazioni di cambiamento, diverse sono le posizioni nei sistemi: voci di stupore e disorientamento, punti di vista a volte polarizzati su letture che sembrano incompatibili, posizioni più interrogative e di ricerca di pensieri e azioni per interpretare e accompagnare questo cambiamento. Le persone, e non solo le nuove generazioni, fanno domande diverse al lavoro, cercano nuovi equilibri tra la realizzazione professionale e quella personale. Questo chiama le organizzazioni a costruire nuovi spazi di pensiero, nuovi tempi e nuove azioni. E se chi le organizzazioni le ha costruite e le guida è chiamato a questo compito, i middle manager sono protagonisti in prima linea di questo fenomeno e hanno bisogno di spazi e strumenti per interpretarlo “in diretta”. Si tratta di creare un nuovo patto che interroga forme e identità del lavoro, spesso sedimentate e individua nuovi spazi e nuovi dialoghi, carichi di potenziale, tutti da costruire.

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