L'evoluzione statutaria della Provincia Autonoma di Trento dopo le riforme del 2001
Quarta di copertina
Dal 1948 ad oggi lo statuto di Autonomia della Regione Trentino Alto Adige è stato caratterizzato da una costante evoluzione per rispondere alle esigenze e alle dinamiche istituzionali, sociali ed economiche della recente storia regionale e provinciale.
Per meglio cogliere le caratteristiche e le prospettive di questa evoluzione, il volume raccoglie contributi e materiali di approfondimento sulla riforma statutaria, analizzando in particolare tre ambiti fondamentali. Il primo riguarda gli effetti della legge costituzionale n. 2 del 2001 sullo Statuto.
Il secondo entra nel merito dell'applicabilità della riforma del Titolo V della Costituzione alle Autonomie differenziate, ai sensi dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. In ultimo vengono delineati alcuni scenari per ulteriori possibili aggiornamenti del quadro statutario ed istituzionale trentino.
1. L'evoluzione statutaria della Provincia dopo la legge costituzionale n. 2 del 2001
Introduzione
1.1. La nuova forma di governo della Provincia Autonoma di Trento, di Alberto Roccella
1.2. La revisione degli Statuti delle Regioni Speciali con legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 e le successive vicende dei sistemi elettorali e delle forme di governo introdotte con Legge c.d. statutaria, di Paolo Giangaspero
1.3. La nuova forma di governo della Provincia di Trento, di Giuseppe Sartori
1.4. Appendice: normativa di riferimento
2. Gli effetti sull'Autonomia del Trentino Alto Adige della riforma della Costituzione italiana del 2001
Introduzione
2.1. Gli effetti sull'Autonomia del Trentino Alto Adige della riforma della Costituzione italiana del 2001, di Valerio Onida
2.2. Ricadute dei generali processi di Riforma costituzionale sulle Autonomie Regionali Speciali, prima e dopo la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, di Fabio Arcese
2.3. Il ruolo del Consiglio provinciale nei processi di Riforma costituzionale e statutaria, di Camillo Lutteri
2.4. Appendice: normativa di riferimento
3. Verso la revisione dello Statuto speciale di Autonomia. Un possibile percorso politico, culturale e sociale traducibile in modifiche sostanziali della normativa
Introduzione
3.1. La revisione degli Statuti Regionali in prospettiva comparata: la politicità dell'atto fondamentale dell'Autonomia regionale e la rilevanza degli “Istituti di compensazione”, di Roberto Toniatti
3.2. Note minime su problemi e prospettive attuali delle Autonomie Speciali, di Massimo Carli
3.3. La dimensione paritetica delle relazioni istituzionali con lo Stato, di Alberto Pace
3.4. Appendice: normativa di riferimento
L'evoluzione statutaria della Provincia dopo la legge costituzionale n. 2 del 2001
Introduzione
L'evoluzione statutaria delle Regioni ad Autonomia Speciale, posta in essere dopo la legge costituzionale n. 2 del 2001, ha conferito anche alla potestà legislativa delle istituzioni provinciali trentine la disciplina di significative materie, come la forma di governo delle Province Autonome e la legge elettorale.
Ne abbiamo colto tutte le potenzialità con le leggi provinciali approvate fino ad ora, e quali ne sono stati gli effetti? L'articolo 4 della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, ha recato sostanziali modifiche allo Statuto di Autonomia. La novità di maggior rilievo è quella relativa alla attribuzione alla legge provinciale della competenza a definire la forma di governo (cioè il sistema elettorale e la disciplina degli organi statutari). Il Parlamento ha così favorito l'autonomia di scelta della forma di governo, anche se l'impostazione di partenza è preordinata ad un sistema elettorale caratterizzato dall'elezione diretta dei Presidenti, in linea con la disciplina elettorale delle Regioni ordinarie.
La scelta della forma di governo e del sistema elettorale è attribuita ora ai due Consigli provinciali, in armonia con la modifica dell'articolo 116 della Costituzione che ha ridefinito la regione Trentino Alto Adige come “costituita” dalle Province Autonome di Trento e di Bolzano.
Lo Statuto (che pure stabilisce i principi fondamentali, quali particolari vincoli di contemporaneità che legano le procedure elettorali dei due organi rappresentativi, ed anche norme riguardanti il caso di scioglimento di un solo Consiglio), lascia, tuttavia, spazio a soluzioni diverse.
La legge provinciale di Trento n. 2 del 2003, approvata con ampia maggioranza dopo un'articolata trattazione in varie sedi (soprattutto in Commissione legislativa), è stata lo strumento per definire le regole specifiche per il Trentino riguardo – almeno in parte – alla forma di governo, nonché per il sistema di elezione del Presidente e del Consiglio provinciale, superando fin dall'inizio – seppure senza grandi innovazioni – la norma transitoria che il Parlamento ha prefigurato, e prevedendo l'elezione diretta del Presidente della Provincia e la contestuale elezione del Consiglio.
Che al Consiglio provinciale sia spettato approvare questa legge non è novità di poco conto, ed è sottolineata dal peculiare regime (c.d. rinforzato) che le è riservato dallo Statuto: un particolare quorum per l'approvazione, l'assenza del controllo preventivo governativo – quando ancora esso non era stato eliminato in generale per tutte le leggi regionali –, e l'eventuale sottoposizione a referendum confermativo.
La legge sulla forma di governo provinciale è una diretta conseguenza del trasferimento della competenza legislativa in materia elettorale dalla Regione alle Province Autonome, e della rimodulazione del Consiglio regionale come organo derivato, in quanto composto dai due Consigli provinciali autonomamente eletti.
La riforma dello Statuto si muove dunque verso un ulteriore rafforzamento del ruolo delle due Province (che fra l'altro acquistano nuove competenze istituzionali), e pone le basi per un distacco dei due sistemi elettorali.
Lo Statuto accentua peraltro anche la diversità delle norme distintamente riservate alla sola Provincia Autonoma di Bolzano, riducendo ad un anno per la sola Provincia di Trento il periodo di residenza obbligatorio per l'esercizio del diritto di voto e confermando l'obbligo del sistema proporzionale per la sola Provincia di Bolzano.
Forma di governo e sistemi elettorali a parte, l'impianto statutario rimane unitario. Lo documentano, fra l'altro, il permanere dei collegamenti fra il Consiglio regionale e i Consigli provinciali (lo scioglimento del primo comporta la decadenza dei secondi); la contestualità dell'elezione dei Consigli provinciali; l'iniziativa legislativa per riformare lo Statuto, svolta nell'ambito del Consiglio regionale, su proposta conforme di entrambi i Consigli provinciali.
Da ultimo, ma non per importanza, sono da ricordare le nuove garanzie per le minoranze linguistiche: il riconoscimento ai ladini trentini di una propria rappresentanza in Consiglio provinciale; l'estensione della disciplina statutaria di tutela e valorizzazione culturale delle minoranze (anche per i mocheni e i cimbri); la facoltà, per gli amministratori degli enti interessati, di ricorrere al Tribunale di giustizia amministrativa di Trento contro i provvedimenti ritenuti lesivi del principio di parità fra cittadini.
Gli effetti sull'Autonomia del Trentino Alto Adige della riforma della Costituzione italiana del 2001
Introduzione
La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, nell'innovare significativamente la Parte II della Costituzione con riferimento al Titolo V sulle Regioni, Province e Comuni ha inciso in modo importante anche sull'assetto dell'autonomia speciale della Regione Trentino Alto Adige.
Innanzitutto dobbiamo ricordare che il nuovo articolo 116 della Costituzione si pone come una conferma degli Statuti speciali, anzi di un loro rafforzamento nella collocazione nell'ambito dell'ordinamento. Afferma ora la Costituzione che il Trentino Alto Adige/Südtirol, assieme alle altre quattro realtà differenziate, “dispone di forme e condizioni particolari di autonomia” mentre la precedente formulazione dell'articolo 116 affermava che a tali Regioni “sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia”. Ciò significa che la Costituzione riconosce a tali comunità regionali un diritto all'autonomia che in qualche misura prescinde anche dal suo stesso inserimento tra le norme della Costituzione stessa?
Altro elemento importante è dato dal riconoscimento diretto delle Province Autonome di Trento e di Bolzano quali istituzioni costitutive della Regione Trentino Alto Adige.
Va sottolineato anche il fatto che l'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 dispone che sino all'adeguamento degli Statuti speciali le parti della riforma costituzionale che prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già a loro attribuite si applicano anche alle Regioni a Statuto speciale ed alle Provincie Autonome di Trento e di Bolzano.
Verso la revisione dello Statuto speciale di Autonomia. Un possibile percorso politico, culturale e sociale traducibile in modifiche sostanziali della normativa
Introduzione
Il percorso storico dell'autonomia della Regione Trentino Alto Adige ed, al suo interno, della Provincia Autonoma di Trento, costituisce l'inevitabile punto di partenza per una riflessione sulle prospettive di revisione dell'assetto statutario, visto come substrato normativo del più ampio fenomeno “Autonomia” il quale rappresenta una realtà sociale, culturale ed economica, prima ancora che giuridica.
Il fondamento giuridico dell'attuale status differenziato del territorio trentino è da ricondursi all'allegato IV del Trattato di pace fra Italia e Potenze Alleate (c.d. Accordo Degasperi-Gruber), con il quale si è prevista la piena eguaglianza dei diritti per gli abitanti di lingua tedesca della Provincia di Bolzano e dei comuni bilingui della Provincia di Trento. Ad esso si aggiunge l'esercizio di potere legislativo ed esecutivo autonomo sul medesimo territorio a garanzia dell'autogoverno di tali popolazioni.
Il primo Statuto del 1948 era caratterizzato, oltre che da specifiche norme di tutela dei gruppi linguistici, da un sistema istituzionale, del tutto originale per l'epoca, ricco di elementi potenzialmente diretti a creare un governo locale forte.
Si prefigurava un sistema “tripolare”, nel quale i poteri dell'autonomia sono ripartiti fra tre soggetti istituzionali: la Regione e due Province, tutti con potestà legislativa ed esecutiva, suddivisa per materie.
Gli effetti del primo Statuto, nella sua prima applicazione pratica, non furono pienamente soddisfacenti delle istanze di autonomia avanzate dalle popolazioni. Negli anni '60 la Regione aveva acquisito molte funzioni dello Stato, con un minimo coinvolgimento nella gestione delle Province. Inoltre, l'attuazione dello Statuto del 1948 procedeva lentamente e le norme di attuazione statutaria venivano definite in modo parziale, con ritardo e, soprattutto, unilateralmente da parte dello Stato, senza contraddittorio con le Istituzioni locali.
Negli stessi anni '60 la “piccola Provincia”, era dotata di poche (anche se importanti, si ricordi l'urbanistica e il Piano degli anni '60) competenze legislative e le norme di attuazione venivano decise senza raccogliere pareri o attivare sedi bilaterali. Da qui la crisi del primo Statuto ed il “Pacchetto” del 1969 che ha permesso di superare i limiti fondamentali dell'impianto istituzionale originario, costituiti dalla ripartizione delle materie di competenza legislativa e amministrativa tra Regione e Province. La “delega” come mezzo ordinario di esercizio era stata attivata in modo limitato e i meccanismi di partecipazione erano assenti nell'iter di approvazione delle norme di attuazione dello Statuto.
Veniva così risolta la c.d. questione altoatesina, che aveva condotto a ricorsi dell'Austria in sede ONU ed all'adozione delle due risoluzioni del 1960 e del 1961 (n. 1497 di data 31 ottobre 1960 e n. 1661 del 28 novembre 1961), attraverso la costituzione della Commissione dei Diciannove e l'adozione del Pacchetto delle 137 misure.
Si spostavano in particolare sulle Province le competenze nelle materie economicamente rilevanti, mentre alla Regione rimanevano tendenzialmente solo attribuzioni ordinamentali. Le Commissioni paritetiche (dei sei e dei dodici), inoltre, divenivano di fatto codecisori per la elaborazione delle norme di attuazione dello Statuto.
Con la legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, si apportavano ampie modifiche allo Statuto del 1948, e l'adozione del Testo Unico delle leggi costituzionali con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, costituirà lo Statuto vigente (cui sono state apportate successivamente alcune modifiche, in particolare ad opera delle leggi costituzionali n. 2 del 1993 e n. 2 del 2001).
L'assetto istituzionale disegnato dallo Statuto vigente rimane “tripolare”, ma il ruolo delle Province – nel riparto delle competenze – ne esce enormemente rafforzato. Appartiene ad esempio a questo periodo la legge 30 novembre 1989, n. 386 con la quale l'intera materia della finanza locale, quale competenza rientrante nella potestà legislativa concorrente, è attribuita alle due Province.
L'ampio successivo ricorso alle norme di attuazione, oltre a rafforzare l'autonomia dei tre enti (costituendone la vera forza), ha anche portato alla chiusura della vertenza con l'Austria. Particolarmente importante è stato, a tale riguardo, il decreto legislativo n. 266 del 1992 in materia di rapporto 140 tra leggi statali, regionali e provinciali, nonché di potere di indirizzo e coordinamento dello Stato.
Questa prima riforma statutaria, grazie ai maggiori livelli di autonomia, ha permesso la generazione di un'importante fase di sviluppo del Trentino, i cui benefici furono significativi sul piano economico e sociale. Il secondo Statuto consentì, infatti, di impostare ed attivare politiche di intervento industriale, agricolo-forestale, turistico e del terziario fondamentali per lo sviluppo del territorio. La progettazione di una riforma normativa di ampia portata deve tendere ad ingenerare dinamiche di ampio respiro, a beneficio dei consociati, ed è grazie allo strumento normativo che si rende possibile produrre benefiche ricadute sul piano economico, sociale e culturale.
Il processo di cambiamento istituzionale si è poi protratto negli anni '90, connettendosi alle esigenze ingenerate dalla crisi della finanza pubblica. Merita di essere ricordata in particolare la legge n. 537 del 1993, recante “misure correttive di finanza pubblica” che ha previsto all'art. 12 la definizione entro il 31 dicembre 1994 delle norme di attuazione per il trasferimento delle residue funzioni statali nelle materie attribuite dagli Statuti alla Regione o alle Province Autonome nonché la delega di funzioni amministrative statali in materie escluse. In tal modo veniva accolta la richiesta della Provincia di sostituire i tagli di bilancio, necessari per concorrere al risanamento dei conti pubblici, con l'attribuzione di nuove funzioni “a costo zero”. Il momento di crisi finanziaria veniva così trasformato, grazie all'attuazione dell'impianto statutario, in un'occasione per guadagnare nuovi e maggiori livelli di autonomia per il territorio e la Comunità trentina.
Su queste vicende si inserisce oggi, come noto, la riforma organica del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, diretta alle Regioni ordinarie. Per adeguarsi al nuovo contesto generale si impone un altrettanto organica riforma dell'assetto regionale speciale, nell'interesse di un'autonomia volta a mantenere il suo quid proprium e a non divenire oggetto – non sapendosi adeguare al nuovo contesto ed alle nuove sfide – di una progressiva erosione delle conquiste passate o di uno scavalcamento da parte di nuove istanze ed interessi emergenti.
La riforma dello Statuto intervenuta con la legge costituzionale n. 2 del 2001, è solo un primo passo in tal senso, incapace di affrontare in modo organico le sfide di cui sopra.
Con la nota revisione del Titolo VI, attuata a seguito dell'Accordo di Milano ex articolo 104, è stata consolidata in Statuto un'importante conquista normativa sul piano finanziario.
Con la modifica statutaria del 2001 vengono introdotte le fondamentali leggi c.d. statutarie, quali fonti rinforzate che permettono all'autonomia del 141 Trentino e dell'Alto Adige – intervenendo su forma di governo e sistema elettorale – di conformarsi ai maggiori livelli di autogoverno raggiunti dalle altre Regioni, e sì consolida un assetto delle entrate più stabile e connesso a nuove deleghe.
Anche il processo di integrazione europeo, inteso come crescente bisogno di sviluppare e governare dinamiche di relazione in un sistema sempre più ampio, la collaborazione interterritoriale con le aree geografiche limitrofe, le tendenze di riforma presenti a livello nazionale e le sempre più pressanti richieste di un'economia competitiva e globale rappresentano una sfida cui il cambiamento statutario dovrà cercare di dare risposte.
Dati questi primi passi – nel 2001 e nel 2009 – nel senso di una riforma che non solo consolidi ma sempre più potenzi e renda resistente l'autonomia del Trentino, oggi è necessario interrogarsi su quali siano le riforme normative – ed in particolari statutarie – che meglio possono accompagnare un percorso di sviluppo territoriale che permetta alla Comunità di fruire, con i suoi tradizionali modelli di autogoverno, di un sempre maggiore livello di benessere economico e sociale. La riforma delle istituzioni, delle competenze e delle attribuzioni deve quindi essere vista nel quadro più generale di un percorso di crescita dell'autonomia, del territorio e della comunità, che veda il quadro normativo e gli apparati pubblici come strumentali agli interessi culturali, sociali ed economici espressi dal territorio.
La ricerca di nuove dimensioni dell'Autonomia, in termini istituzionali e politici, è essenziale per far si che il trend di sviluppo, di cui ci si è giovati grazie ad oculate scelte e conquiste normative passate, possa confermarsi negli anni a venire. Il rinnovamento statutario, assieme alle norme di attuazione, rappresenta quindi uno strumento fondamentale per alimentare l'autonomia del Trentino, che senza evoluzione e rinnovamento perderà in potenziale e solidità.
La riforma dello Statuto – intesa come processo complesso che comprende fattori culturali, sociali, economici e politici, oltre che istituzionali, deve, prima di tutto, rappresentare un serio momento di riflessione generale, che coinvolga gli attori presenti sul territorio quale ampio movimento culturale di evoluzione della Comunità e del suo territorio.