Rapporto sui sistemi di valutazione della dirigenza nelle Regioni e nelle Province autonome
Modelli, strumenti ed esperienze a confronto
Quarta di copertina
La valutazione dei dirigenti pubblici costituisci uno snodo cruciale nel delicato passaggio da un'amministrazione incentrata sugli atti ad un'amministrazione orientata al risultato e alla soddisfazione del cittadino utente. Un passaggio che impegna fortemente anche le Regioni e le Province autonome, propri per i loro crescente ruolo nel governo delle comunità locali.
Il presente Rapporto costituisce in tal senso un importante riferimento ed è il frutto di due diverse ricerche, dedicate rispettivamente alla situazione della dirigenza e ai sistemi di valutazione in ambito regionale. Nella prima ricerca viene offerta una fotografia della dirigenza nelle sue caratteristiche più significative: l'incidenza dei dirigenti sulla dotazione complessiva di personale l'accesso al ruolo dirigenziale, la retribuzione e la sua composizione, il trend evolutivo nelle dotazioni di personale dirigenziale.
Nella seconda ricerca vengono invece analizzati i sistemi di valutazione concretamente adottati e le principali criticità rilevate.
I risultati delle ricerche hanno fornitori materiale utile ed aggiornato per fare il unto sullo stato dell'arte nelle Regioni e Province autonome e per individuare i presupposti per un rilancio dell'intero sistema.
In particolare, è emersa l'esigenza di superare alcune criticità come il tasso di conflittualità che si genera nel rapporto tra valutato e valutatore, l'appiattimento verso l'alto delle valutazioni e l'impossibilità di premiare i comportamenti virtuosi, la difficoltà nell'individuare indicatori capaci di cogliere gli aspetti qualitativi dell'azione amministrativa, l'autoreferenza degli apparati, l'insufficiente ricorso alla customer satisfaction.
Presentazione, di Lorenzo Dellai
Premessa, di Carlo Flamment
Introduzione
Parte prima. La valutazione della dirigenza nelle Regioni e nelle Province autonome
1. Un quadro tra luci e ombre
1.1. Sistemi a più velocità nel rispetto dei contesti territoriali
1.2. Una diversità feconda, ma da coordinare
1.3. Ricercare indicatori adeguati alle funzioni di governo
1.4. Invertire la tendenza all'appiattimento sui livelli alti
1.5. Gli effetti conflittuali della tensione tra valutato e valutatore
1.6. Introdurre la customer satisfaction come strumento di valutazione aperta
1.7. La valutazione del potenziale: un approccio al margine del sistema
1.8. Conclusioni
2. Un disegno giuridico cresciuto in strumenti e regole
2.1. I primi passi del processo di riforma
2.2. Verso un sistema più adeguato di controlli interni
2.3. Le novità introdotte dal Testo Unico del 2000
2.4. Le modifiche introdotte dalla Legge 145/2002
2.5. Un disegno di legge che preoccupa le Regioni
2.6. Una nuova piattaforma di incontro tra governo e sindacati
3. Note di approfondimento
3.1. Aspetti concettuali e proposte di metodo
3.1.1. La valutazione della dirigenza nelle pubbliche amministrazioni
3.1.2. La valutazione delle prestazioni come leva del cambiamento organizzativo
3.1.3. Valutazione e sviluppo delle risorse umane e delle capacità manageriali
3.2. La negoziazione nel processo di valutazione
3.2.1. Finalità ed indicazioni operative
3.2.2. Brevi cenni sulle tecniche di negoziazione
3.3. Valutazione e sistemi di controllo di gestione
3.3.1. L'analisi dell'efficienza nella valutazione delle performance manageriali e il ruolo del controllo di gestione
3.3.2. Programmazione e fissazione degli obiettivi
3.3.3. I livelli di servizio attesi
3.3.4. Prevedibilità e controllabilità dei risultati e gli effetti sulla fissazione degli obiettivi e sulla valutazione dei risultati conseguiti
3.4. Sistema di valutazione della dirigenza nelle amministrazioni regionali
3.4.1. Premessa
3.4.2. Il progetto per la programmazione per obiettivi
3.4.3. Il sistema di programmazione per obiettivi
3.4.4. I risultati dell'esperienza e le sue prospettive
Parte seconda. Sintesi dei risultati delle ricerche
1. Le caratteristiche e le retribuzioni dei dirigenti
1.1. Regioni a Statuto Ordinario
1.1.1. L'incidenza dei dirigenti sulla dotazione complessiva di personale delle Regioni: nei vari enti gruppi di lavoro di dimensione media differente
1.1.2. L'accesso al ruolo dirigenziale: concorsi ed assunzioni su chiamata
1.1.3. L'incidenza della retribuzione dei dirigenti sulla retribuzione complessiva del personale
1.1.4. La retribuzione della dirigenza nelle varie Regioni
1.1.5. L'incidenza dei dirigenti sulla popolazione regionale: il numero di posizioni dirigenziali non è proporzionale alla popolazione
1.1.6. I direttori generali
1.1.7. Il trend evolutivo nelle dotazioni di personale dirigenziale
1.2. Regioni a statuto speciale e province autonome di Bolzano e Trento
1.2.1. L'incidenza dei dirigenti sul personale complessivo
1.2.2. L'incidenza della dirigenza sulla retribuzione complessiva del personale
1.2.3. Un confronto tra le retribuzioni della dirigenza
1.2.4. Incidenza dei dirigenti sulla popolazione regionale e delle Province autonome
1.2.5. I direttori generali
1.2.6. Il trend evolutivo nelle dotazioni di personale dirigenziale
1.3. Considerazioni finali
2. La valutazione della dirigenza nel quadro regionale
2.1. I soggetti incaricati della valutazione: un panorama nazionale diversificato
2.1.1. L'affermarsi del Nucleo di valutazione come perno dei sistemi regionali e delle Province autonome
2.1.2. All'ente locale la libertà di creare un Nucleo di valutazione adeguato al contesto
2.1.3. I compiti del Nucleo: dalla valutazione della performance allo sviluppo concettuale e metodologico dei sistemi
2.2. I tre assi di valutazione della dirigenza pubblica: prestazione, posizione e potenziale
2.2.1. La valutazione delle prestazioni come combinazione dei risultati e delle competenze utilizzate per raggiungerli
2.2.2. Valutare le posizioni secondo una scala graduata stabilita inizialmente
2.2.3. La conclusione del processo valutativo: la motivazione, il feedback e gli effetti sulla retribuzione
2.3. La valutazione: obiettivi compositi legati a progetti politici spesso incoerenti con vincoli economici e strutturali
2.3.1. Contrastare il tasso di conflittualità del sistema: maggiore trasparenza e strumenti di valutazione evoluti che prevengano le tensioni
2.3.2. La valutazione degli obiettivi: disporre di competenze specialistiche per gestire ambiti complessi da descrivere e misurare
2.4. L'evoluzione dei sistemi di gestione della qualità: modelli più complessi per descrivere in maniera adeguata la realtà
2.4.1. La sfida della misurazione degli output non definibili quantitativamente
2.4.2. La customer satisfaction: uno strumento per aggiungere componenti qualitative alla valutazione
Parte terza. Le esperienze regionali
Premessa
Regione Piemonte
Regione Autonoma Valle d'Aosta
Regione Lombardia »
Regione Autonoma Trentino Alto Adige
Provincia autonoma di Bolzano
Provincia autonoma di Trento
Regione Veneto
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
Regione Liguria
Regione Emilia Romagna
Regione Toscana
Regione Umbria
Regione Marche
Regione Lazio
Regione Abruzzo
Regione Molise
Regione Campania
Regione Puglia
Regione Basilicata
Regione Calabria
Regione Sicilia
Regione Autonoma della Sardegna
Introduzione
Quanto fino ad oggi realizzato nel campo della valutazione della dirigenza ha evidenziato una situazione complessa e delicata, nella quale l'implementazione di sistemi di performance evaluation all'interno della pubblica amministrazione ha messo in discussione il tradizionale modo di lavorare, orientato alle funzioni e ben radicato nelle persone e nella loro organizzazione.
Inoltre, l'adozione nelle realtà pubbliche di metodologie valutative ereditate dal mondo imprenditoriale – i Sistemi di gestione della qualità, l'approccio Total Quality Management e la Balanced Scorecard – ha comportato una serie di adattamenti legati non solo alle loro peculiarità istituzionali, ma anche alla necessità di comprendere nella mission, oltre ai risultati, anche il modo in cui essi vengono raggiunti.
La valutazione dell'attività lungo questi due assi ha aumentato in maniera significativa la complessità delle soluzioni da ideare e adottare, poiché gli stakeholders, a cui i manager pubblici devono render conto con il loro lavoro, non si accontentano di quote di mercato e profitto, ma pretendono una superiore attenzione sociale al cittadino.
Il presente Rapporto entra nel merito di questa cruciale linea di tensione partendo da quella che può essere considerata la punta dell'iceberg della produttività e dell'orientamento al risultato degli apparati pubblici: la valutazione della dirigenza.
Il lavoro è strutturato in tre parti. Nella prima è tracciato il contesto organizzativo e giuridico all'interno del quale operano i sistemi di valutazione della dirigenza delle Regioni e delle Province autonome. L'obiettivo è stimolare la riflessione sulle innovazioni possibili in grado di fare della valutazione della dirigenza uno strumento sempre più centrale per la gestione strategica delle amministrazioni.
Nella seconda sono presentati i risultati delle ricerche sulle caratteristiche della dirigenza e sui sistemi di valutazione della dirigenza al fine di costruire un quadro aggiornato delle situazioni concrete e delle metodologie adottate nelle esperienze in atto.
Nella terza sono presentati in dettaglio i casi analizzati al fine di favorire una conoscenza sistematica delle esperienze ed individuare elementi comuni di riflessione.
Entrando nel merito delle situazioni regionali è emerso un insieme di informazioni che oltre a evidenziare quanto di buono è stato realizzato, ha anche messo in evidenza alcune criticità raggruppate in sette ambiti.
È innanzitutto necessario prendere atto che il sistema regionale, anche dal punto di vista della valutazione della dirigenza, non è per nulla omogeneo per quanto riguarda il livello di maturazione e di compiutezza dell'esperienza. Ciò può essere spiegato, ma solo in parte, con la spiccata autonomia di cui godono le Regioni e le Province autonome. La realtà mette in evidenza un sistema a più velocità, con un corpo centrale dove le situazioni possono essere considerate di medio livello (circa 60%), un 20% di situazioni avanzate e un altro 20% di realtà che stentano a decollare. Ciò significa che le politiche di sostegno a questa particolare funzione innovatrice devono tenere conto di un contesto nel quale le situazioni si presentano in modo molto differente, sia in termini di capacità ricettiva delle innovazioni sia per la gestione operativa dei sistemi valutativi.
Il secondo ambito riguarda la grande eterogeneità delle metodologie utilizzate (in prevalenza incentrate su prestazione e posizione). Pur riscontrando alcuni elementi comuni, le modalità di esercizio della funzione valutativa risultano di fatto estremamente variegate. Si tratta di una situazione in parte positiva: i singoli contesti territoriali sono caratterizzati da specificità diverse e quindi diverso è il modo con cui vengono messi a punto i sistemi valutativi. Tuttavia, la situazione è talmente accentuata da far ritenere debole il collante culturale che a queste diversità può dare una fisionomia unica, almeno per quel che riguarda gli obiettivi da porre e i risultati da ottenere.
Un terzo ambito problematico riguarda la tendenza all'appiattimento in alto delle valutazioni espresse. È evidente, infatti, che un sistema che produce esiti del tutto omogenei, indipendentemente dalle condizioni oggettive a cui fa riferimento, sconta un difetto molto generalizzato e radicato nelle pubbliche amministrazioni: quello dell'allineamento sulle fasce più alte della valutazione. Si tratta di una distorsione che rischia di vanificare l'intero impianto valutativo che, proprio per la sua natura, tende a distinguere le situazioni che funzionano rispetto a quelle che funzionano meno o per niente. In altri termini, partendo dall'assunto che gli enti pubblici italiani, Regioni e Province autonome comprese, non sono perfette ma perfettibili, è evidente che un intervento valutativo appiattito su un solo livello (sull'ottimo e sui suoi dintorni) non costituisce una leva di miglioramento delle situazioni meno attrezzate, né rende merito a quelle più efficienti, efficaci e orientate al cittadino.
Il quarto ambito, strettamente collegato con il precedente, riguarda l'alto tasso di conflittualità generato dal sistema. L'impostazione tradizionale della pubblica amministrazione è stata da sempre improntata all'omogeneità interna e a una scarsa distinzione tra situazioni diverse. E quando questo non avveniva, di norma, a fare la differenza erano la discrezionalità politica o le pressioni clientelari, entrambe non orientate all'oggettività del giudizio e al riconoscimento dei giusti meriti o demeriti. L'applicazione di un sistema che rompe queste tradizioni, introducendo il fattore “rivoluzionario” del riconoscimento del “merito sul campo”, ha quindi generato una situazione di ipersensibilità, resa più accentuata dalla debolezza degli strumenti a disposizione per sostenere le valutazioni con dati e riscontri oggettivi.
Il quinto ambito chiama in causa l'inadeguatezza degli indicatori di misurazione, soprattutto in realtà come le Regioni che hanno competenze spiccatamente di governo. In questo senso, mentre nel mondo aziendale gli obiettivi sono semplici e immediati da percepire (profitto, quote di mercato, vendite), nella pubblica amministrazione descrivere l'attività tramite indicatori quantitativi esaurienti può richiedere uno sforzo più significativo. Fino ad oggi le esperienze di valutazione hanno prevalentemente attinto alle metodologie e agli strumenti adottati nelle imprese private, mutuando da queste il meglio e comunque ciò che più facilmente poteva adattarsi alla specificità degli ambiti pubblici. Questa operazione di “travaso” ha avuto esiti interessanti nelle realtà in cui risulta prevalente la “funzione di servizio” o comunque la fornitura di prestazioni in qualche modo assimilabili a ciò che viene normalmente offerto sul mercato libero. Le ex aziende municipalizzate dei comuni, con la fornitura di acqua, gas o elettricità, le aziende che si occupano di rifiuti solidi-urbani o di manutenzione delle reti, le aziende sanitarie, gli ospedali o le farmacie comunali hanno potuto perciò attingere significativamente a un consolidato di cultura e di strumenti nati in ambito privato. Più complessa si è invece dimostrata la situazione di enti come le Regioni e le Province autonome, dotati di spiccate competenze di governo. In questo caso, il trasferimento di know how dal pubblico al privato sconta alcune difficoltà dovute proprio alle caratteristiche di questi enti, che devono misurarsi con responsabilità e funzioni difficilmente riconducibili alle logiche di mercato.
Il sesto ambito riguarda la sostanziale autoreferenza dei sistemi di valutazione. A tutt'oggi, nella quasi totalità delle esperienze, gli indicatori di risultato vengono alimentati attraverso informazioni raccolte dalla stessa dirigenza o al massimo da organismi di staff (uffici personale e ragioneria in particolare).
Il settimo e ultimo ambito riguarda la valutazione del potenziale, uno strumento che negli enti pubblici è poco considerato, ma che si può rivelare essenziale per la crescita del sistema. Se da un lato può essere considerata quasi scontata la scarsa attitudine delle realtà pubbliche per valutazioni poco codificabili come quelle relative al potenziale, dall'altro esse potrebbero ricavare, da questo approccio, importanti opportunità di crescita qualitativa e di piena valorizzazione del capitale umano di cui dispongono.
Entrando nel dettaglio dei risultati quantitativi delle ricerche, presentate nel quarto e quinto capitolo, è necessario tener conto che Regioni e Province autonome compongono un mosaico nazionale estremamente vario, sia sotto il profilo delle classi dirigenti attive nei vari contesti locali che per quanto riguarda i loro sistemi di valutazione.
Rispetto alla composizione numerica della classe dirigente, fra le Regioni a statuto ordinario il Lazio evidenzia la percentuale più alta di dirigenti sul totale dei dipendenti (13,46%), mentre la Calabria fa segnare il valore più basso (4,21%). In altre parole, la dimensione media teorica dei gruppi di lavoro affidati ad ogni dirigente passa da un massimo di tredici persone a un minimo di quattro, mettendo in evidenza logiche organizzative molto diversificate.
I dirigenti che godono del miglior trattamento economico fanno capo a Calabria e Basilicata (79.000 euro), mentre quelli che fruiscono dei livelli retributivi più bassi operano in Liguria e Umbria (rispettivamente 60.000 e 62.000 euro). I trattamenti economici registrati dall'indagine sono quindi molto distanti tra loro.
Nel caso delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome il confronto è più difficile, poiché le competenze in capo agli enti sono molto diversificate e i dati relativi poco omogenei. La Regione in cui la dirigenza ha il maggior peso in termini retributivi è la Valle d'Aosta, mentre quella in cui ha l'incidenza minore è la Provincia autonoma di Trento.
Davanti a equilibri organizzativi locali così articolati rimane difficile individuare buone pratiche da condividere, poiché le condizioni in cui esse dovrebbero essere replicate sono quasi sicuramente molto diverse da quelle in cui si sono dimostrate efficienti.
Considerando ad esempio il rapporto tra membri del Nucleo e dirigenti dell'ente, risulta evidente come proporzioni differenti sottendano problematiche e politiche molto distanti tra loro: ogni membro dei nuclei di valutazione gestisce mediamente 104 posizioni dirigenziali, ma questo valore è compreso tra un minimo di 50 posizioni per valutatore (Valle d'Aosta) ed un massimo di 459 per valutatore (Lazio).
Anche prescindendo dal rapporto tra valutatori e valutati, il numero e la varietà delle posizioni dirigenziali da gestire rappresenta comunque un punto di criticità dei modelli di valutazione.
Tra le soluzioni in atto per ovviare a questa problematica vi è la progressiva informatizzazione delle procedure: ciò permette il monitoraggio di un maggior numero di variabili e quindi una più accurata descrizione delle posizioni. I sistemi di valutazione informatizzati corrispondono al 45% del totale ed evidenziano una maggiore efficienza per quanto riguarda l'elaborazione dei dati.
Altra criticità emersa dall'indagine riguarda la tempistica per l'assegnazione degli obiettivi annuali ai dirigenti. Il modello teorico vorrebbe che tutto accadesse nel mese di gennaio, ma spesso l'operazione si sposta in avanti di alcuni mesi riducendo il tempo a disposizione del dirigente per il raggiungimento degli obiettivi e quindi giustificando la sua “resistenza” rispetto a eventuali valutazioni negative. Anche per questo il tasso di litigiosità prodotto dai sistemi di valutazione appare decisamente elevato: difficoltà di vario genere sono state riscontrate nel 60% dei confronti tra valutato e valutatore.
Si tratta di un dato preoccupante, che di solito porta a un allineamento verso l'alto dei giudizi e quindi a un ridimensionamento dell'utilità dell'intera procedura di valutazione, appiattendo i valori anziché favorirne il miglioramento continuo.
Per questo motivo gli attuali orizzonti di sviluppo della valutazione riguardano proprio la capacità del sistema di premiare i comportamenti virtuosi a discapito delle inefficienze e dei disservizi.
L'attitudine della valutazione a fotografare in modo affidabile, trasparente e oggettivo la prestazione è basata sulla capacità degli indicatori di descrivere i risultati ottenuti dal valutato (definiti come “prestazione”) in relazione alla posizione organizzativa occupata (detta sinteticamente “posizione”) e alle potenzialità.
Il livello base della valutazione è rappresentato dalle sole prestazioni, che sono attualmente considerate nel 90% dei casi esaminati. Meno presenti sono invece le valutazioni di posizione e praticamente assenti sono quelle di potenziale. Nel 40% dei casi alle prestazioni è stata infatti aggiunta una disamina della posizione, mentre solo in un caso, quello della Provincia autonoma di Bolzano, lo schema d'analisi è stato completato con la componente del potenziale. Nonostante l'ordinamento giuridico preveda da oltre un decennio che Regioni e Province autonome si dotino di sistemi di valutazione, un numero apprezzabile di realtà è quindi tuttora ancorato a uno stadio iniziale semplificato, suscettibile di significative evoluzioni legate all'utilizzo di tutte e tre le componenti previste.
Nel corso del tempo sono stati comunque effettuati molti aggiustamenti, che evidenziano la tensione al miglioramento dell'intero sistema. Nel 10% dei casi i sistemi di valutazione hanno richiesto una revisione strutturale dell'impianto definito alla loro nascita, mentre in un altro 50% le procedure in essere hanno subìto modifiche parziali.
I sistemi di valutazione degli strumenti organizzativi hanno lo scopo di aumentare la qualità delle prestazioni della pubblica amministrazione: tra gli elementi chiave di verifica dell'attività, perciò, vi è necessariamente la rilevazione della customer satisfaction. Nonostante la centralità di questo tema, il 40% delle organizzazioni che hanno aderito all'indagine non ha provveduto a verificare la soddisfazione dei clienti intermedi e finali. I questionari di customer satisfaction vengono utilizzati prima di tutto come misuratori del servizio finale offerto ai cittadini (71% dei casi) e in circa la metà degli enti (57%) anche per monitorare i comportamenti organizzativi dei valutati nei confronti dei collaboratori diretti.
Tra le organizzazioni territoriali che hanno messo in atto indagini di questo tipo, quasi nessuna vincola ad esse gli esiti della valutazione. Fanno eccezione Basilicata e Valle d'Aosta, mentre Campania, Provincia di Trento e Provincia di Bolzano utilizzano gli esiti delle analisi solo per la valutazione di aspetti generali o di singoli dirigenti e settori. Il ritardo nell'implementazione di queste iniziative non sembra dovuto a una scarsa fiducia nello strumento, poiché l'indagine ha sottolineato una valutazione positiva quasi unanime riguardo alla sua utilità (90% di giudizi positivi). Le difficoltà riguardano invece la possibilità di creare un legame concreto tra risultati dei questionari, trattamento economico e avanzamenti di carriera.
Complessivamente i sistemi di valutazione sviluppati ad oggi da Regioni e Province autonome vanno considerati un traguardo importante: un traguardo che corona il cammino fin qui intrapreso e al contempo costituisce una premessa indispensabile per lo sviluppo futuro. A fronte di questo sforzo iniziale si rende ora necessario procedere all'individuazione di buone pratiche, in modo da definire uno standard d'eccellenza comune nella valutazione della dirigenza che lasci comunque spazio alle specificità delle diverse amministrazioni.
In conclusione, fatto salvo l'obiettivo generale di far crescere l'intero sistema, risulta fondamentale che il modello di riferimento si ponga tre traguardi puntuali: gestire nel miglior modo l'elevato tasso di conflittualità; evitare l'appiattimento verso l'alto delle valutazioni; individuare obiettivi e indicatori capaci di cogliere in modo adeguato gli aspetti qualitativi dell'azione amministrativa, in particolare nelle realtà che hanno rilevanti competenze di governo.