News/Approfondimenti > 12 novembre 2011

Viabilità e paesaggio, il ruolo dell’architetto

I segreti di Aurelio Galfetti, professionista svizzero ,fondatore con Mario Botta dell’Accademia di Mendrisio

Sguardo limpido e generoso di chi ama il proprio lavoro e con passione ne divulga i segreti e i ragionamenti, Aurelio Galfetti architetto di fama internazionale, ha fatto tappa a Trento. Invitato dalla step (Scuola per il governo del territorio e del paesaggio che, interpretando la nuova disciplina urbanistica provinciale, fa formazione per tecnici e professionisti della pianificazione territoriale) l’architetto svizzero ha tenuto una relazione su <<viabilità e architettura>>.

Settantacinque anni portati con eleganza, Galfetti è stato un punto di riferimento fondamentale per gli studenti, per la loro crescita e maturazione. Nel 1996 con Mario Botta ha fondato l’Accademia di architettura di Mendrisio. Fra i suoi ottanta progetti (realizzati), il più conosciuto in Italia è la Torre Rossa del Net Center di Padova.

Nucleo centrale della sua lezione è stata l’importanza del lavoro multidisciplinare nella progettazione degli spazi della mobilità (piani viari, ponti, strade, rotatorie). Partendo da due assunti e cioè dal ruolo dell’architetto e dall’importanza di considerare l’infrastruttura non come opera di sola ingegneria ma come elemento di costruzione del paesaggio capace di tessere relazioni culturali e sociali, Galfetti ha presentato alcuni suoi lavori (ha lavorato in Ticino per le autostrade nazionali in collaborazione con l’architetto Rino Tami e in un gruppo interdisciplinare per la progettazione del tracciato della ferrovia veloce attraverso le Alpi).

<<Il ruolo dell’architetto non è quello di disegnare belle strutture per abbellire progetti di ingegneria. Per un architetto di compito è quello di disegnare spazi, la sua specialità è lo spazio, progettare spazi a tutte le dimensioni verificandoli successivamente a scale diverse>>. E quando un architetto partecipa a un gruppo interdisciplinare che progetta infrastrutture è lui ad essere lo <<specialista dello spazio>> a tutte le dimensioni, da quello del sottopasso e del cavalcavia, all’incrocio a più livelli fino a quello della città, del territorio e del paesaggio naturale.

Normalmente agli architetti è riservato il compito di <<arredare>> un progetto di viabilità, di mettere del verde qua e là in una strada, in una piazza. Ma questo approccio che considera <<la strada come un male necessario>> da abbellire a cura dell’architetto (quasi fosse un giardiniere), non aiuta a costruire un territorio migliore, è <<un compito inutile che sovente peggiora il lavoro degli ingegneri>>. Non c’è differenza fra un progetto per un’infrastruttura e un’altra progettazione per differenti costruzioni e, dice Galfetti, <<anche un progetto viario la ricerca non precede il progetto, ricerca e progetto sono simultanei>>.

In un progetto urbanistico-architettonico <<sono i pieni e i vuoti che fanno lo spazio: lo spazio da solo non esiste, lo spazio è ciò che sta tra i pieni>>. Conseguenza di questo modo di pensare è che le infrastrutture sono <<i pieni dello spazio della mobilità son le corrispondenze dei pieni in un progetto architettonico>>. Ma il vuoto secondo il professore, è <<l’essenza del progetto>>  e quindi <<il vuoto è anche l’essenza del progetto viario. Progettare il vuoto per la viabilità significa progettare una grandissima parte della nostra contemporaneità>>.

L’architetto <<generalista>> (definizione coniata con Botta) mentre progetta lo spazio, costruisce <<percorsi utili all’uomo secondo criteri di funzionalità ma subordinati a una visione della città, del suo spazio pubblico>>. E, dunque << se è vero che non sono gli edifici che fanno la bellezza di una città ma i loro vuoti, allora si può dire che non sono le infrastrutture che fanno la bellezza dello spazio e della viabilità, ma i loro vuoti.>>.

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