News/Approfondimenti > 03 maggio 2018

Rossi: ''La montagna non ha bisogno di assistenzialismo ma di politiche di sviluppo e investimenti''

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“La montagna ci propone una sfida che abbiamo già raccolto, ovvero di investire nello sviluppo della stessa montagna con la consapevolezza che ciò richiede sì maggiori costi ma con la prospettiva concreta di un ritorno sugli investimenti maggiore, in certi casi, della pianura”. Il presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, ha partecipato nel tardo pomeriggio di ieri la presentazione dei risultati della ricerca “Montagne di valore”, curata da Mauro Marcantoni e Giovanni Vetritto. Il presidente, nel suo intervento, ha aggiunto: “La montagna non ha quindi bisogno di assistenzialismo ma di politiche di sviluppo e di investimenti in grado di valorizzare la sua specificità sociale ed identitaria. In Trentino, grazie all’Autonomia, abbiamo scommesso sulla capacità dei territori di esprimersi al meglio grazie a politiche in grado di esaltare le peculiarità, altrimenti viste come ostacolo allo sviluppo e alla competitività”. Secondo Rossi, quindi le differenze e le specificità del territorio montano sono il motore dello sviluppo della montagna e, in definitiva, dell’intero Paese: “Lo studio ‘Montagne di valore’ lo conferma”. In sala, oltre ai due curatori dello studio era presenta anche Paola Borz, direttrice generale di tsm- Trentino School of Management istituto, che con il Censis, ha curato la ricerca “Montagne di valore”.  


La tsm-Trentino School of Management, in occasione della 66° edizione del Trento Film Festival, ha organizzato il primo Simposio di Montagne in Rete invitando a Trento i protagonisti del portale www.montagneinrete.it per un confronto sul futuro delle terre alte italiane. Il contributo di tsm alla rassegna cinematografica si è arricchito anche con il convengo “Montagne di valore”, organizzato nel pomeriggio di ieri pomeriggio presso la Sala conferenze della Fondazione Caritro in Via Calepina. 


Il convegno ha presentato i risultati della ricerca tsm-Censis, realizzata per misurare la ‘qualità sociale’ dei territori montani grazie a un confronto stringente con quelli di pianura. Il lavoro, nello specifico, rappresenta la terza tappa di un percorso cominciato con “La montagna perduta” e proseguito con “La quota dello sviluppo”, uno studio incentrato sugli aspetti dell’economia. 


Attraverso la pubblicazione dello studio “Montagne di valori”, edita come le due precedenti da Franco Angeli, si è approdati a una comparazione di due aggregati “agli antipodi”, confrontati statisticamente sulla base di diversi ambiti e aree d’interesse, studiandone le differenze sotto il profilo della qualità sociale territoriale. Come spiega la nota di tsm-Trentino School of Management, sono state circoscritte le province a carattere totalmente o prevalentemente montano da un lato (19 province nelle quali la superficie montana supera i due terzi del totale) e le province pianeggianti dall’altro (26 province a carattere diametralmente opposto, con almeno i due terzi della superficie pianeggianti). 


La loro somma rappresenta il 37,4% della superficie nazionale e il 29,6% della popolazione. Si può dunque dire - come ha spiegato la direttrice generale di tsm, Paola Borz -, con un buon margine di approssimazione, che si tratta di un terzo del Paese che si delinea per essere o ‘molto’ montano o ‘molto' pianeggiante: “Il rapporto ‘Montagne di valore’ verifica così l’ipotesi che nelle province interamente montane la valorizzazione dei caratteri distintivi del territorio, primo tra tutti l’elevato livello di qualità sociale, permetta alla vita collettiva e alle dinamiche economiche e associative di essere organizzate ‘con la montagna e per la montagna’. Dall’analisi di questi due aggregati è emerso che gli agenti che più contraddistinguono i territori montani, in senso positivo, sono la qualità del capitale umano, del capitale sociale e dei servizi locali”. Componenti che confutano le rappresentazioni consuete di una montagna impoverita sotto il profilo delle risorse umane e perennemente in lotta per mantenere una dotazione minima di servizi alla popolazione. 


“Lo studio - ha ribadito il presidente Rossi - non è episodico ma si inquadra in una riflessione politica avviata da tempo. Indicatori e informazioni indicano il perdurare di diversità tra i diversi territori montani, e tra la stessa montagna e la pianura. Grazie all’Autonomia, ovvero alla possibilità di intervenire con l’autogoverno per dare risposte puntuali alle esigenze del territorio, il Trentino ha fatto della montagna una risorsa fondamentale per lo sviluppo. Tutto questo non era affatto scontato perché la triade agricoltura, invecchiamento e spopolamento ancora determina degli squilibri in vaste aree montane. Noi consideriamo l’agricoltura come fattore di sviluppo e non settore residuale”. 


Rossi ha individuato nelle relazioni sociali, nel capitale umano (inteso che linfa per l’associazionismo e il volontariato) e nel senso di comunità i tre valori fondanti della “montagna viva” del Trentino: “La montagna supera la pianura per le qualità immateriali, le più preziose, ovvero quelle nell’economia della conoscenza. Qui siamo riusciti a confrontarci con la logica della produzione e della riduzione dei costi, e a rilanciare ciò che determina il vero valore dei prodotti e dei servizi, ovvero la capacità creativa di incorporare negli stessi una storia e una tradizione”. Il presidente non nasconde uno dei risultati dello studio: logistica, infrastrutture e dinamiche d’internazionalizzazione vedono la montagna indietro rispetto alla pianura. “Questa è una sfida economica e politica ancor aperta - ha aggiunto -. La scelta di investire e dare possibilità di sviluppo alla montagna poggia sulla certezza che spesso la montagna risponde con una cifra qualitativa superiore rispetto alla pianura, forte nella quantità di produzione”.  


“Certamente - ha aggiunto il presidente - le risorse garantire dall’Autonomia hanno un ruolo importante ma esse sono associate alle competenze. In Trentino, proprio grazie all’Autonomia, siano riusciti ad avvicinare le decisioni ai problemi, così da scegliere le migliori politiche per la montagna. Abbiamo raccolto la sfida secondo cui investire nello sviluppo della montagna richiede più costi e l’abbiamo vinta grazie alla risposta della nostra gente e delle nostre aziende in termini di eccellenza e qualità”. Su questo punto, il presidente Rossi ha citato alcuni esempi. Costruire una strada su un terreno pianeggiante è più facile che costruirla su un terreno montano, con le sue asperità e i suoi salti di pendenza che costringono a scavare gallerie, a costruire ponti. Così è per tutto: per soddisfare la domanda di istruzione di mille studenti o anche diecimila, in pianura basta costruire un solo stabile in un solo luogo, ma per farlo in montagna si devono costruire più edifici distanti tra loro, anche superando significativi dislivelli. Acquisire risorse umane, distribuire merci e anche semplicemente tenere buone relazioni economiche è più facile da farsi in pianura, perché lì la logistica è più disponibile e accessibile.


“La ricerca - ha concluso Rossi - ci restituisce con forza il principio secondo cui è dalle cose più difficili e più dure che si crea valore. Spesso siamo portati ad ottenere valore nelle cose più facile. Il vero valore lo apprezziamo di più quando riusciamo a realizzare gli obiettivi dopo un percorso non scontato”.


A seguire si è tenuta la tavola rotonda moderata da Marco Albino Ferrari, scrittore e direttore di Meridiani Montagne, alla quale hanno partecipato Gianluca Cepollaro, direttore di tsm-step, Scuola di Governo del Territorio e del Paesaggio; Paolo Rosso, esperto senior dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (Ocse); Annibale Salsa, antropologo e componente del Comitato Scientifico della Fondazione Dolomiti Unesco; e Bruno Zanon, docente di Tecnica e pianificazione urbanistica dell’Università degli Studi di Trento e presidente del Comitato scientifico di step. 



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