News/Approfondimenti > 02 novembre 2011

Puntare sui diritti delle generazioni future per salvaguardare il patrimonio italiano

Salvatore Settis all'iniziativa organizzata da Provincia autonoma di Trento, ''step'' e Fondazione Alcide De Gasperi

Già direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, del Getty Research Istitute di Los Angeles e presidente della Commissione che ha elaborato il Codice dei Beni Culturali italiani, Salvatore Settis è stato protagonista, ieri pomeriggio, davanti ad un folto pubblico nella sala della Fondazione Bruno Kessler, a Trento.

Una lezione magistrale che rende ulteriore onore allo studioso che della ricerca scientifica (archeologica e di storia dell'arte) ha fatto non solo una professione di altissimo livello, ma anche la base per condurre una battaglia civile di grande rilevanza. Se vogliamo davvero tutelare il nostro patrimonio culturale è necessario, ha detto, ''disegnare un orizzonte sociale che vada al di là dei viventi'', puntare sul ''diritto di una comunità di vita in favore delle generazioni future''.

''E' necessario tornare all'idea che il bene comune ha un interesse superiore ad ogni altro interesse, tornare con convinzione al principio della pubblica utilità del patrimonio culturale''. Prima della lezione magistrale, Settis, ha incontrato rappresentanti delle istituzioni pubbliche, degli Ordini professionali che lavorano in ambito di pianificazione, di educazione e formazione.

L'incontro è stato voluto dall'assessore all'Urbanistica Mauro Gilmozzi perchè ''la grande sfida che il Trentino sta cercando di cogliere nella sua Autonomia (anche normativa) è capire se possa esserci una chiave di lettura unitaria per chi governa e per chi pianifica affinché si possa puntare alla qualità. Anche con l'aiuto di Settis vorremmo gestire al meglio questa fase delicata del nostro sviluppo''. All'incontro era presente anche il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta. Fra il pubblico della lezione magistrale il vescovo di Trento, Luigi Bressan e Davide Bassi, rettore dell'Università degli Studi.


E' durato un'ora e mezza l'incontro fra Settis e un gruppo di rappresentanti istituzionali e delle libere professioni organizzato da ''step'', la scuola di governo del territorio e del paesaggio nell'ambito dell'attività di formazione che la scuola sta portando avanti nel campo della cultura del paesaggio. Il confronto, moderato dal presidente del comitato scientifico di step Ugo Morelli, ha utilizzato la formula domanda-risposta. Ne è uscito una riflessione particolarmente stimolante che ha messo in evidenza come ''Il paesaggio etico richiede l’impegno di tutti e in particolare quello dei professionisti della pianificazione.

L'Italia è stato un Paese che ha insegnato la dimensione umana al mondo, ma dopo la seconda guerra mondiale abbiamo fatto prevalere un’architettura ripetitiva che non ha a che fare con la qualità'' Settis ha sottolineato come ''Sia stata distrutta la nostra memoria e questo è molto grave perchè io credo che il paesaggio stia alla collettività come la memoria dell’infanzia sta alla vita dell’individuo.

Gli aspetti etici sono tanti e riguardano tutti i cittadini, le imprese, le istituzioni. Vorrei citare un aspetto di natura deontologica, un contrasto fra due direzioni: sviluppo demografico italiano bassissimo e enorme consumo di risorse (stiamo costruendo appartamenti di 34 vani). E' necessaria una limitazione a questa idea di sviluppo infiinito a quest'idea perversa che l’edilizia sia un motore primario dell’economia: se questo fosse vero, come mai questo Paese va così male''?


Oltre all'assessore Mauro Gilmozzi e al sindaco Alessandro Andreatta erano presenti, fra gli altri, Paola Matonti, Giulio Andreolli, Chiara Bertoli (Comitato scientifico step), Vittorio Armani (presidente dell’Ordine degli Ingegneri) Piergiorgio Mattei (dirigente Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio), Romano Masè (dirigente generale Dipartimento risorse Forestali e montane), Elisabetta De Gerloni (Dipartimento Istuzione PAT), Giorgio Pasolli (direttore di 'Formazione Lavoro') Davide Moser (Associazione Albergatori Provincia di Trento), Alessandro Franceschini (ordine degli architetti), Claudio Maurina (presidente Ordine degli Agronomi), Graziano Tamanini (presidente Ordine dei geometri).
Settis ha concluso l'incontro con i rappresentanti delle istituzioni e degli ordini professionali sottolineando che nel rapporto fra paesaggio e ambiente ''occorre costruire un concetto di paesaggio che tenga conto della dimensione che di solito chiamiamo ambiente e territorio, perchè sono tre concezioni diverse dello stesso spazio: E' necessario ricompattarle assieme. Paesaggio è una nozione giuridica insufficiente: vanno comprese anche le altre due''. Una riflessione importante è stato fatta dallo studioso anche in ambito educativo: ''La scuola dovrebbe essere 'il luogo' dove si lavora sul paesaggio perchè il concetto di paesaggio è molto trasversale (ha a che fare con la storia, con la geografia, con la storia dell’arte...). Per ora non si lavora abbastanza anche se ci sono molti insegnanti che lavorano con grande passione su questo tema''.

Nella lezione magistrale, introdotta dal presidente della Fondazione Alcide De Gasperi Giuseppe Tognon e da Ugo Morelli, Salvatore Settis ha esordito dicendo che ''è un grande privilegio parlare a Trento, nel Trentino in una zona così bella della nostra Italia (un pezzo del nostro Paese).

Ma il Trentino è molto diverso, per esempio dalla Sicilia, eppure la tutela del Paesaggio dovrebbe essere tutta uguale secondo la Costituzione. Secondo il rapporto Eurispes del 2006 l’Italia possiede tra il 60 e il 70 per cento dei Beni Culturali, secondo il presidente del Consiglio o altri amministrativi (sindaci di vari Comuni) i dati sono molto diversi: ognuno cita arbitrariamente dati differenti, c'è una irresponsabilità grave di chi ricopre incarichi pubblici'' Settis ha evidenziato che i Beni culturali italiani non eccellono in qualità. Il patrimonio è diffuso in modo capillare in tutta Italia. ''C’è 'un modello Italia' nel valore della conservazione e si è formato molto prima dell’Unità d’Italia. L'Italia è la prima nazione al mondo che ha messo in Costituzione la tutela del patrimonio''. La capillarità e l'aver pensato di tutelare i beni culturali inserendo un articolo dedicato nella Carta Costituzionale connotano il nostro Paese. Nel XX° secolo le norme si sono diffuse, dopo la seconda guerra mondiale tutti i Paesi si sono dati dei modelli di tutela basandosi su quello italiano.


La Restaurazione francese è l’origine della nostra tradizione di tutela. Fu molto importante, a questo proposito, l’evento drammatico della spogliazione delle opere d'arte nei musei da parte dell’esercito francese. ''Ma perché i francesi lo facevano? - mette in evidenza Salvatore Settis - Perchè avevano letto Wilckelmann (archeologo e storico dell'arte, tedesco 1717-1768, autore di un contributo importante nella storia dell'estetica ndr) e sapevano che l’altezza della arte greca può nascere solo in ragione della libertà. L' Italia visse la spogliazione in maniera molto drammatica e maturò la consapevolezza che le opere d'arte senza il loro contesto non valgono niente: 'un Raffaelo senza contesto non dice nulla, non serve a niente'.'' Fra Francia e Italia, in questa situazione nasce una nuova idea di patrimonio e di tutela.

La tutela del patrimonio culturale ha origine nell'Italia pre-unitaria. Prendiamo un periodo tra il 1725 e il 1755: a Firenze nel 1737 l’ultimo dei Medici non aveva voglia e possibilità di avere figli e allora fondarono una società, auto-tassandosi, per pubblicare una sorta di catalogo delle collezioni Medici. Quando poi la Toscana fu affidata alla Lorena il Cardinal Neri-Corsini fece un trattato per salvare il patrimonio Medici e lasciarlo nel suo originale contesto. A Roma durante il periodo di Clemente XII, fu vietata l’esportazione delle opere d'arte (ci fu un caso particolarmente significativo a questo proposito promosso dal Cardinal Albani) obbligando il Cardinale Albani a vendere le collezioni al Papato, anziché esportarle. E chi era il Papa Clemente XII? Un parente del Cardinal Neri-Corsini.

''Conservare nel contesto le collezioni è un concetto molto importante che ha queste origine, riflette la cultura civile e giuridica del luogo. Perché gli Stati italiani si copiavano l’uno l’altro per la tutela? Un' emulazione importante che fa riferimento a norme precedenti, molto prima: siamo nella Roma di Martino V (inizio Quattrocento, poco dopo il ritorno dei Papi da Avignone a Roma)''.
''Da Venezia a Lucca, da Parma a Roma, da Firenze a Napoli - continua Settis - si segue la stessa direzione nella corsa a tutelare le opere d’arte. Perché tanto accordo? C'era in quell'epoca una straordinaria cultura della cittadinanza che si venne a creare nell’Italia comunale. Parlare della bellezza della città voleva dire parlare di buon governo''. Settis fa poi un esempio riferito alla Roma del 1162, quando una deliberazione che parla di ''onore pubblico per la Colonna Traiana che si conservi nel tempo'' condanna a morte chi la sfregia. Questo però ha avuto un valore enorme perchè la Colonna di Marco Aurelio a Roma è rimasta, mentre a a Costantinopoli (dove c'erano Colonne simili a quelle romane d'Occidente) sono state distrutte perché, è mancata la tutela.


''La concordia fra vari Stati - prosegue Settis - implica un linguaggio comune. Il linguaggio comune della tutela aveva un'identica radice perché si basava sull'idea che il bene comune ha un interesse superiore ad ogni altro interesse, compreso il profitto. Bonum comune pubblica utilitas. Il principio della pubblica utilità del patrimonio culturale era parte del tessuto pre-unitario italiano (a parte il Regno di Sardegna, cioè lo Stato guida del processo unitario) Il contrasto fra cultura di Torino, Roma, Firenze e Napoli determinò un grande scontro sulla proprietà privata e si arrivò nel 1909 alla legge che stabiliva la preminenza del bene pubblico sulla proprietà privata.

La legge conteneva anche un articolo con la tutela del paesaggio che però non passò: la Camera lo votò ma non il Senato'' Settis continua illustrando importanti esperienze degli Stati Uniti d'America che non hanno nella loro Costituzione alcuna parola sul paesaggio. ''Ci sono normative di tutela sporadiche e organizzazioni e associazioni sempre più agguerrite. Non c’è il tessuto che caratterizza la storia italiana, ma negli Stati Uniti quando si cominciò a costruire, si puntò molto sul paesaggio''. ''Il paesaggio - sottolinea Settis facendo riferimento a John Ruskin - riflette, anzi determina, l’ordine morale, il paesaggio è il volto amato della Patria. Il paesaggio degli States è naturale, quello italiano è molto antropizzato''.


Settis porta l'esempio del liberale Benedetto Croce che fu Ministro per un anno e un mese e fece molto nell’ambito della tutela. Fra le altre cose, scrisse una relazione per il Senato dicendo che il paesaggio altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della Patria. Le misure di tutela limitano la libertà della proprietà privata ma lo fanno per fini comuni. ''Nel 1939 l'erudito Bottai (Ministro dell'Educazione) avvia una riforma organica sul paesaggio e sul patrimonio artistico e fra i suoi collaboratori c'erano Giulio Carlo Argan, Roberto Longhi e altri. Ci sono due legge approvate nel giugno del 1939 e sono leggi dell'epoca fascista: come mai vengono contemplata nella Costituzione, nell'art. 9? ''Perché, lo dice lo stesso Cassese, sono leggi di tutela al di sopra di ogni partito.


L'art. 9 della Costituzione nasce dalla prima Sottocommissione Costituente e fra i diciotto membri c'erano anche Giuseppe Dossetti, Giorgio la Pira e Aldo Moro (democristiani), Palmiro Togliatti, Nilde Iotti e Concetto Marchesi (comunisti) e Lelio Basso (socialista).


''L' idea etica e politica del bene comune - dice ancora Settis - è la sintesi, il culmine di un processo secolare. L’idea della tutela dopo la Rivoluzione francese è del tutto diversa da quello della Restaurazione. Hegel nel 1821 dice che 'i monumenti sono proprietà nazionali finchè sono abitati dalla memoria e dall’onore'. I due poli convergenti di memoria e di onore sono necessariamente incarnati dallo Stato. Una carica etica importantissima.

La Costituzione italiana fa un’operazione del tutto inedita, mette al centro il patrimonio fra i valori dello Stato: un precedente c’era nella Repubblica di Weimer, nella sua Costituzione, in una formulazione meno felice della nostra. Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti - continua Settis - diffusero fra i Costituenti un opuscolo con stampate tutte le Costituzioni dei Paesi che ne erano dotati. Perchè un tempo chi ricopriva incarichi pubblici, studiava, si informava, se non altro, leggeva. Fin qui storia gloriosa in un crescendo in cui l’Italia Costruisce, collabora etc. etc. Ma tutto questo ahimè non funziona più, il sistema di leggi non funziona. Ogni anno si costruiscono 250 milioni di metri cubi di nuove case (spesso selvaggiamente). Non ci sono dati sull’invenduto dell’edilizia (a Roma in 5 anni sono stati costruiti 100.000 appartamenti e la giunta Alemanno ha programmato nuovi piani di edilizia abitativa). I dati sull’invenduto sarebbe un fattore molto importante per frenare questa corsa all'edilizia sfrenata. Siamo il Paese più franoso d’Europa ma non c’è prevenzione, un regime delle acque tutto da controllare, e ancora si parla di avviare grandi opere pubbliche (come il Ponte sullo Stretto). Le leggi di tutela restano in vigore però - prosegue Settis - ogni tanto si fa un condono, una sanatoria, chi vuole costruire in deroga alle leggi sa che lo può fare. Crolla la Domus Aurea, crollano gli edifici di Pompei, perché? Perché nel 2008 fu tagliato 1 miliardo e 800 milioni di euro ai Beni Culturali con il totale silenzio dell’allora ministro Bondi. Non si sostituiscono più gli esperti (archeologi, storici dell'arte etc.) che vanno in pensione. Per tracciare il perimetro di questa crisi abbiamo bisogno di una cosa: le leggi ci sono ma sono in contraddizione una con l’altra e c’è un caos terminologico nella parole: paesaggio (se ne occupa lo Stato) territorio (se ne occupano le Regioni) e ambiente (è una competenza mista). Si vede il profondo divorzio fra il sistema delle leggi imposte dallo Stato e il senso comune. Ci vuole una ricomposizione normativa in cui le tre Italie possano diventare una sola''.


Salvatore Settis ha concluso con due constatazione: ''una negativa, esempi di buona amministrazione ce ne sono ma, purtroppo, a livello nazionale i partiti ne fanno solo un proprio cavallo di battaglia. La buona notizia è che i cittadini si stanno svegliano: 15.000 associazioni nate negli ultimi anni che si stanno incontrando e conducono una battaglia civile, si rendono conto di essere parte di una nazione più grande. Chi sa guardare verso il passato può costruire il futuro. Il paesaggio deve diventare un ambito di nuova coscienza della comunità italiana.

Sforzi isolati non bastano: deve esser centrato su tutto il Paese, le singole esperienze non sono sufficienti. Puntare sui diritti delle generazione future è molto importante per salvaguardare il patrimonio italiano. Occorre ripartire da questo per ricostruire un quadro legislativo e normative più efficace''. (fs)




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